Regione Abruzzo, un passo avanti e uno…..indietro!

orso bruno marsicano

Giovane orso bruno marsicano.
© V. Mastrella Archivio Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise

Regione Abruzzo, un passo avanti e uno…..indietro !

Si rinnova il Protocollo d’Intesa tra Abruzzo , Lazio e Molise per le “Azioni urgenti a tutela dell’Orso bruno marsicano nel suo areale di distribuzione”…..ma il rappresentante della Regione Abruzzo annuncia pubblicamente le sue dimissioni poichè non viene messo in condizione di lavorare.

L’Aquila, 30/11/2016. Oggi a Pescasseroli presso la sede del PNALM verranno firmati 2 importanti accordi destinati a delineare nelle intenzioni del Ministero  le strategie di conservazione dell’orso marsicano.
Il primo è  un accordo politico denominato appunto “Accordo fra Pubbliche Amministrazioni per l’implementazione del Piano d’Azione per la Tutela dell’Orso bruno marsicano (PATOM) nel biennio 2016-2018 “  e fa da cornice  al “ Protocollo d’Intesa per le  “Azioni urgenti a tutela dell’Orso bruno marsicano nel suo areale di distribuzione”.
Il rinnovo dell’Accordo tra P.A. (e del  Protocollo ..) scaduto a marzo 2016 che le associazioni hanno richiesto da prima dell’estate  e’ indubbiamente una buona notizia ; le associazioni rallegrandosene danno atto al Ministero di averlo perseguito con tenacia specialmente sul piano politico viste le resistenze e le lungaggini burocratiche che ha incontrato specialmente in Regione Lazio.

Il precedente Protocollo lungi dall’aver raggiunto tutti i traguardi che si era posto ha segnato però  una grande differenza rispetto alla nullità dei risultati  che il PATOM aveva raggiunto negli anni precedenti. Dal 2014 ad oggi chi ha seguito questa  vicenda non può che registrare alcuni risultati e passi avanti  che se da una parte ancora  non mettono in sicurezza la nostra popolazione di orso dall’altra dimostrano che se c’è  volontà politica e impegno umano si possono cambiare le cose  e la lista delle cose fatte qui di seguito lo sta a dimostrare

  • Il coinvolgimento formale e coordinato di 3 amministrazioni regionali sulle politiche di conservazione dell’orso
  • L’avere affrontato a tutto campo e finalmente con decisione la questione della  zootecnia, del pascolo brado e, in parte,  della sanità animale in area PNALM e nelle aree montane abruzzesi
  • Le azioni contro il randagismo canino portate avanti dalle aree protette abruzzesi ed i loro recenti richiami alle responsabilita’ e ad un nuovo impegno delle ASL in questo campo
  • La creazione nel calendario venatorio abruzzese di una prima area braccata–free fuori dalla ZPE del PNALM e sovrapposta ad uno dei 2 più importanti corridoi ecologici tra PNALM e PNM. Area implementata per la prima volta lo scorso anno  e che quest’anno viene riproposta e validata da una mole di dati di presenza orso  che ne giustificano ampiamente e scientificamente l’esistenza
  • Il calendario venatorio del Lazio che dall’altr’anno tiene conto in tre differenti aree regionali  della possibile presenza dell’orso e regola l’attività di caccia in maniera che possa essere meno impattante sulla specie
  • L’avvio di una rete di monitoraggio della presenza della specie al di fuori delle aree protette
  • L’istituzione e le attività dei Nuclei Cinofili Antiveleno nella prevenzione e nel contrasto all’uso del veleno ( di cui oggi si è parlato in mattinata a Pescasseroli nell’ambito della presentazione del Progetto LIFE-PLUTO)

Basterebbero quindi questi primi risultati a salutare con soddisfazione e speranza di far sempre meglio i nuovi accordi firmati oggi a Pescasseroli se non fosse che ancora una volta la Regione Abruzzo , la Regione  che dovrebbe assumere un ruolo di guida e di indirizzo continua a venir meno a questo ruolo, considerato che ha partecipato solo per 2 delle 7 azioni citate complicando e rallentando proprio il lavoro del suo rappresentante.  

È  infatti solo di Domenica scorsa l’annuncio delle dimissioni dai suoi incarichi relativi ai piani di conservazione dell’orso , del Dott Massimo Pellegrini , rappresentante appunto della Regione Abruzzo all’interno dell’Autorità di Gestione del PATOM e responsabile della verifica della attuazione delle azioni del protocollo per la parte di competenza abruzzese.
Intervenendo ad Anversa degli Abruzzi Domenica scorsa, Pellegrini sfibrato dalla cronica  incapacità a decidere della Regione e dalla totale indifferenza di alcuni dirigenti o funzionari regionali  la cui “produttività” non è  certo incentivata dall’attuale giunta regionale ha detto basta !  Di fronte a richieste ed impegni che tra l’altro  non sono frutto delle paturnie degli ambientalisti ma di precise norme europee e nazionali e di accordi liberamente sottoscritti , quale questo siglato oggi a Pescasseroli, le strutture regionali sembrano sempre cadere dalle nuvole , incapaci di produrre anche il minimo risultato. Molto di ció che si è  ottenuto lo dobbiamo anche al suo lavoro, del tutto gratuito,  e riteniamo intollerabile che gli uffici regionali vanifichino gli sforzi di chi vuole onorare gli impegni presi esponendolo cosi  anche a critiche  personali . Esemplificativa della situazione in cui lui ed altri si trovano ad operare è la farsa recitata intorno  alla LEGGE REGIONALE 9 GIUGNO 2016 N. 15 e denominata  “Interventi a favore della conservazione dell’Orso bruno marsicano” ;  Legge pubblicata sul BURA da 6 mesi e  che questi uffici regionali non riescono a dotare della stratosferica somma di Euro 30.000 senza i quali rimane assolutamente inutile. È di ieri la dichiarazione dell’Assessore Pepe che ne promette il finanziamento entro la fine dell’anno , speriamo sia in grado di mantenere la sua promessa , gliene saremmo grati …

A questo punto per non buttare al vento i risultati ottenuti e dar continuità alle politiche recentemente intraprese la Regione DEVE stabilire subito condizioni e/o adottare soluzioni che permettano a Pellegrini  di tornare sui suoi passi o di trovare un sostituto che sia all’ altezza di sostituirlo dignitosamente. Tra l’altro siamo assai curiosi di  vedere chi rappresenterà la Regione Abruzzo oggi a Pescasseroli , in un occasione che registra la presenza del Direttore generale del Ministero l’assenza di un’adeguata rappresentanza istituzionale sarebbe l’ennesima brutta figura collezionata da D’Alfonso e compagni con il MATTM .

Salviamo l’Orso  
Dalla Parte dell’Orso 
Mountain Wilderness
LIPU Abruzzo
Appennino Ecosistema
logos-30-11


Sindaci e Regione vogliono distruggere il Parco Regionale Sirente Velino

Velino Sirente

Sindaci e Regione vogliono distruggere il Parco Regionale Sirente Velino

Oggi la Commissione Ambiente del Consiglio Regionale riprova a porre la pietra tombale sul mai decollato ed unico Parco Regionale abruzzese. Gli ecologisti chiedono invece che sia rispettata la legge con l’approvazione del Piano del Parco o, in alternativa, la sua trasformazione in Parco nazionale.

L’Aquila, 24/11/2016. A fronte dell’attuale situazione di crisi, malfunzionamento e malcontento generalizzato, il futuro del Parco Regionale Sirente Velino potrebbe ormai essere segnato per sempre. Nella seduta di oggi della 2a Commissione (Ambiente e Territorio) del Consiglio Regionale Abruzzese, infatti, si tenterà di nuovo di celebrare il funerale del Parco, sugellando uno sciagurato accordo tra alcuni agguerriti Sindaci (soprattutto dei paesi della Valle Subequana) e alcuni ambientalisti della zona, ed il tutto con la benedizione del noto “ambientalista” Presidente della Commissione Pierpaolo Pietrucci. In cosa consisterebbe l’accordo faticosamente raggiunto? Ma è alquanto ovvio, nella riperimetrazione dei confini del Parco nella Valle Subequana, senza alcuna base scientifica e per puri motivi localistici, con una perdita secca di quasi tutto il versante sinistro orografico della Valle dell’Aterno e di una superficie di circa 5-10.000 ettari, pari al 10-20% dell’intera superficie protetta, in zone caratterizzate da habitat e specie prioritarie a livello europeo, destinate secondo il (mai approvato) Piano del Parco a divenire zone “B” di Riserva Generale.

Si punta insomma ad avviare lo smantellamento del Parco, senza pensare che la Legge regionale prevede che l’adozione formale del Piano del Parco sarebbe già dovuta avvenire da oltre vent’anni, secondo le procedure previste dalle tre precedenti leggi, mai attuate, che ne prevedevano l’entrata in vigore entro 6 mesi (nel 1989), entro 18 mesi (nel 2000) ed entro 18 mesi (nel 2011), nonché la possibilità di esercitare i poteri sostitutivi da parte della Giunta Regionale.

Le Associazioni ecologiste Appennino Ecosistema, WWF Abruzzo Montano, LIPU Abruzzo, ALTURA Abruzzo e Salviamo l’Orso affermano che, a fronte della ormai conclamata mancanza di volontà di Sindaci e Regione di approvare finalmente il Piano del Parco, rendendolo realmente operativo e rilanciandone così le attività, l’unica soluzione per assicurare un’efficace protezione agli ecosistemi del massiccio del Velino Sirente è rinunciare alla tutela regionale e passare decisamente all’istituzione del progettato Parco Nazionale. Infatti, la mancata gestione del Parco Regionale da parte della Regione in questi 28 anni lo ha reso di fatto un vero e proprio ectoplasma, impedendone il funzionamento e qualsiasi ricaduta positiva sul territorio: non resta quindi che concludere una volta per tutte questa storia di croniche inadempienze, affrancando il Sirente Velino dalla tutela regionale.

La proposta di istituzione del Parco Nazionale del Velino Sirente, lanciata all’inizio di quest’anno da Appennino Ecosistema, comprende infatti l’approvazione della zonazione del territorio (secondo la bozza già elaborata dagli esperti di Appennino Ecosistema) fin dal momento dell’istituzione del nuovo Parco Nazionale. La zonazione prevista dal Piano del Parco Regionale avrebbe potuto lanciare una gestione del territorio scientificamente fondata ed adeguata da un lato alle sue qualità ecologiche e dall’altro alle attività umane con queste compatibili. Senza il Piano del Parco, permangono invece in vigore in modo “provvisorio”(da ormai quasi trent’anni!) assurdi ed immotivati divieti di assoluta inalterabilità dei luoghi, su tutto il territorio del Parco, persino nei centri abitati e nelle zone agricole, che fanno degli abitanti di tutti i Comuni compresi nel Parco veri e propri ostaggi della mancata applicazione della legge e dell’assoluta discrezionalità dell’Ente Parco per le autorizzazioni relative a qualsiasi intervento sul territorio.

La proposta di istituzione del Parco Nazionale aveva trovato il sostegno aperto delle Amministrazioni Comunali di Ocre, San Demetrio ne’ Vestini e Magliano de’ Marsi, il sostegno condizionato di quelle di Lucoli e L’Aquila e l’interesse a vagliare la proposta di molti altri Sindaci, nonché del Presidente della Commissione Territorio e Ambiente della Regione, che sembra ora aver invece imboccato un’altra strada.

logos


Aree protette abruzzesi ancor più tutelate a livello europeo

Ophrys bertolonii

Le aree protette abruzzesi saranno ancor più tutelate a livello europeo

La Regione ha accolto la maggior parte delle proposte delle Associazioni ecologiste in merito alle “Misure di conservazione per la tutela della Rete Natura 2000 dell’Abruzzo”

L’Aquila, 22/11/2016. “Le aree protette a livello europeo devono ricevere dalla Regione forme di tutela certe e scientificamente fondate”. Questa, in estrema sintesi, la posizione delle Associazioni ecologiste Appennino Ecosistema, LIPU Abruzzo, Salviamo l’Orso e WWF Abruzzo Montano, che un mese fa inviarono all’Ufficio Parchi e aree protette della Regione Abruzzo dettagliate osservazioni alle “Misure di conservazione per la tutela della Rete Natura 2000 dell’Abruzzo”, che saranno presto all’esame della Giunta e poi del Consiglio Regionale. La Regione Abruzzo ha ora comunicato di aver accolto quasi tutte le proposte delle Associazioni: in tal modo, la tutela di queste preziose aree sarà fortemente rafforzata.
La Rete Natura 2000, che comprende tutti i SIC (Siti di Interesse Comunitario) e le ZPS (Zone di Protezione Speciale), protegge in Abruzzo il 40% del territorio, con centinaia di habitat e di specie vegetali ed animali rigorosamente tutelate in forza della Direttiva Habitat dell’Unione Europea, che ha impresso una decisa svolta in chiave ecologica alle politiche di protezione della natura di tutta l’Europa.
Per un’efficace tutela e gestione di questo imponente patrimonio di biodiversità, capace di renderci incommensurabili servizi ecosistemici (acqua e aria pulite, mantenimento degli equilibri idrogeologici e climatici, efficienza di tutti i cicli ecologici, etc.), è obbligatorio ed urgente approvare i Piani di gestione e le Misure di conservazione, che secondo la Direttiva Habitat avrebbero dovuto essere operativi già da dieci anni. La Giunta regionale si appresta quindi ora, finalmente, ad approvare le “Misure generali di conservazione” della Rete Natura 2000, in attesa del varo dei Piani di gestione, che attendono purtroppo nei cassetti già da alcuni anni.
Le Associazioni hanno proposto di migliorare in più punti le Misure di conservazione proposte, tenendo conto: (1) della opportunità  di tutelare adeguatamente habitat e specie di interesse comunitario offerta dagli artt. 727-bis e 733-bis del codice penale, (2) della necessità di integrare SIC e ZPS in un’unica Rete (denominata Natura 2000) con lo stesso livello di tutela, (3) dei danni connessi ad eventuali ampliamenti delle aree destinate agli sport invernali basati su impianti di qualsiasi tipo, (4) della necessità di vietare il forte disturbo connesso al sorvolo di velivoli compreso i droni ed all’uso dei fuochi d’artificio in tutto il territorio protetto della Rete, (5) della necessità di vietare l’uso delle munizioni di piombo in tutto il territorio protetto e (6) della necessità di vietare in modo assoluto le dannosissime attività di pascolo vagante non vigilato, a favore di un pascolo turnato, guidato e razionato.

Appennino Ecosistema

LIPU Abruzzo

Salviamo l’Orso

WWF Abruzzo Montano

logo


Anche la Regione cerca di imbrigliare le aree protette a livello regionale

Neotinea-tridentata

La Regione segue il Senato e cerca di imbrigliare anche le aree protette a livello regionale

La Giunta regionale si appresta ad approvare importanti modifiche alla Legge regionale quadro sulle aree protette. Gli ecologisti si oppongono anche in Abruzzo, come già stanno facendo a livello nazionale, e chiedono l’applicazione delle normative esistenti, in nome della tutela di specie ed ecosistemi.

L’Aquila, 28/10/2016. Mentre nell’aula del Senato si apre l’esame della riforma della Legge quadro sulle aree protette (L. n. 394/1991), approvata pochi giorni fa dalla Commissione Ambiente nonostante le proteste e le proposte alternative di venti Associazioni ecologiste ed ambientaliste e di centinaia di personalità del mondo della scienza e della cultura, la Giunta Regionale abruzzese di appresta ad approvare un progetto di legge che modifica in modo sostanziale la Legge regionale quadro sulle aree protette (L.R. n. 38/1996), che dopo vent’anni dalla sua entrata in vigore ancora non è stata compiutamente applicata. Esattamente come a livello nazionale, il pretesto per motivarne la riforma è proprio quello del fallimento nell’applicazione delle norme, che è invece una precisa e pesante responsabilità politica ed amministrativa in capo a tutti i governi regionali che si sono succeduti negli ultimi due decenni. E con tale pretesto si cerca di stravolgere la struttura fondamentale di gestione dei Parchi naturali, il Consiglio Direttivo, per darlo in mano alle comunità locali (Legge nazionale) o escludendo dai suoi membri i rappresentanti degli Enti di ricerca scientifica e delle stesse Associazioni ecologiste (Legge regionale), cioè proprio quei soggetti che, storicamente, ne hanno promosso l’istituzione.
Le Associazioni ecologiste Appennino Ecosistema, WWF Abruzzo Montano, LIPU Abruzzo e Salviamo l’Orso hanno appena inviato alla Giunta Regionale abruzzese puntuali osservazioni, chiedendo di modificare il progetto di legge almeno in altri due punti.
Mentre in base alla legge vigente il Direttore del Parco risponde dei propri atti agli Organi amministrativi dell’Ente, secondo la proposta della Giunta questi ne risponderebbe direttamente al Presidente dell’Ente, che stipulerebbe con lui un contratto di diritto privato di cinque anni. Si tratta di una norma irragionevole, poiché in tal modo la responsabilità tecnica non sarebbe più autonoma da quella politica, come si conviene a tutte le Amministrazioni Pubbliche, nelle quali il potere politico deve essere sempre distinto da quello amministrativo.
L’ultima questione che si chiede di risolvere apportando significative modifiche al progetto di legge riguarda l’adempimento degli obblighi previsti dalle Direttive Habitat e Uccelli dell’Unione Europea, al quale deve provvedere l’Osservatorio regionale per la biodiversità (istituito nel 2014 e mai realmente entrato in attività), che dovrebbe invece essere investito dell’importante responsabilità di elaborare le Misure di conservazione dei siti della Rete Natura 2000 e di organizzare e coordinare le attività di monitoraggio dello stato di conservazione dei habitat e delle specie dei quali agli Allegati alle Direttive.

logo


Gli ecologisti: maggiore tutela per le aree protette a livello europeo

natura 2000

Gli ecologisti: maggiore tutela per le aree protette a livello europeo

Le Associazioni ecologiste hanno appena inviato alla Regione le loro osservazioni alle “Misure di conservazione per la tutela della Rete Natura 2000 dell’Abruzzo”

L’Aquila, 21/10/2016. “Le aree protette a livello europeo devono ricevere dalla Regione forme di tutela certe e scientificamente fondate”. Questa, in estrema sintesi, la posizione delle Associazioni ecologiste Appennino Ecosistema, LIPU Abruzzo, Salviamo l’Orso e WWF Abruzzo Montano, che hanno appena inviato all’Ufficio Parchi e aree protette della Regione Abruzzo dettagliate osservazioni alle “Misure di conservazione per la tutela della Rete Natura 2000 dell’Abruzzo”, che saranno presto all’esame della Giunta e poi del Consiglio Regionale.
La Rete Natura 2000, che comprende tutti i SIC (Siti di Interesse Comunitario) e le ZPS (Zone di Protezione Speciale), protegge in Abruzzo il 40% del territorio, con centinaia di habitat e di specie vegetali ed animali rigorosamente tutelate in forza della Direttiva Habitat dell’Unione Europea, che ha impresso una decisa svolta in chiave ecologica alle politiche di protezione della natura di tutta l’Europa.
Per un’efficace tutela e gestione di questo imponente patrimonio di biodiversità, capace di renderci incommensurabili servizi ecosistemici (acqua e aria pulite, mantenimento degli equilibri idrogeologici e climatici, efficienza di tutti i cicli ecologici, etc.), è obbligatorio ed urgente approvare i Piani di gestione e le Misure di conservazione, che secondo la Direttiva Habitat avrebbero dovuto essere operativi già da dieci anni. La Giunta regionale si appresta quindi ora ad approvare urgentemente le “Misure generali di conservazione” della Rete Natura 2000, in attesa del varo dei Piani di gestione, che attendono nei cassetti già da alcuni anni.
Le Misure di conservazione proposte appaiono sostanzialmente adeguate a raggiungere gli obiettivi delineati a livello europeo, ma le Associazioni hanno proposto di migliorarle in più punti, tenendo conto: (1) della severa tutela di habitat e specie di interesse comunitario offerta dagli artt. 727-bis e 733-bis del codice penale, (2) della necessità di integrare SIC e ZPS in un’unica Rete (denominata Natura 2000) con lo stesso livello di tutela, (3) dei danni connessi ad eventuali ampliamenti delle aree destinate agli sport invernali basati su impianti di qualsiasi tipo, (4) della necessità di vietare il forte disturbo connesso al sorvolo di velivoli ed all’uso dei fuochi d’artificio in tutto il territorio protetto della Rete, (5) della necessità di vietare l’uso delle munizioni di piombo in tutto il territorio protetto e (6) della necessità di vietare in modo assoluto le dannosissime attività di pascolo vagante non vigilato, a favore di un pascolo turnato, guidato e razionato.

Appennino Ecosistema
LIPU Abruzzo
Salviamo l’Orso
WWF Abruzzo Montano

logo


Ecologisti difendono la Legge che tutela gli ecosistemi forestali

faggio

Gli ecologisti difendono la Legge che tutela gli ecosistemi forestali

Le Associazioni ecologiste sono state ascoltate ieri dalla Commissione Agricoltura del Consiglio Regionale Abruzzese

L’Aquila, 20/10/2016. “La Regione insiste nel voler varare una controriforma della Legge Regionale quadro per la tutela delle foreste e dei pascoli (la n. 3/2014), vanificandone tutti i contenuti innovativi a tutela degli ecosistemi forestali e dei pascoli. Le foreste e le praterie pascolate sono ecosistemi di enorme importanza ecologica, cioè beni comuni che producono servizi di fondamentale utilità per tutti, e non solo beni da sfruttare. Solo la rapida approvazione del suo Regolamento di applicazione potrebbe garantire un’efficace tutela ed un’utilizzazione ecologicamente fondata degli ecosistemi forestali e di prateria della regione”. Questo hanno dichiarato i rappresentanti delle Associazioni ecologiste Appennino Ecosistema, LIPU Abruzzo, ALTURA Abruzzo, Salviamo l’Orso, Pro Natura Abruzzo e WWF Abruzzo Montano, convocati ieri dalla Commissione Agricoltura del Consiglio Regionale Abruzzese, in seguito ad una formale richiesta di audizione inviata quindici giorni fa ai Presidenti delle Commissioni permanenti Agricoltura (Lorenzo Berardinetti) ed Ambiente e territorio (Pierpaolo Pietrucci).
La seduta della Commissione Agricoltura era chiamata ad esaminare la proposta di legge presentata dall’Assessore all’Agricoltura Dino Pepe e dallo stesso Presidente della Commissione Berardinetti. I rappresentanti delle Associazioni hanno fatto presente che le modifiche e le integrazioni che sarebbero apportate alla vigente Legge Regionale forestale consentirebbero alla Giunta Regionale di adottare provvedimenti “temporanei” di autorizzazione allo sfruttamento di boschi e pascoli, anche senza i necessari ed obbligatori Piani di gestione, come invece prevede la legge. Persino tutto il patrimonio destinato agli usi civici potrebbe essere affidato velocemente anche a privati senza scrupoli, che lo sottrarrebbero alla sua destinazione che è per definizione di pubblica utilità. Le nuove norme proposte consentirebbero anche l’iscrizione all’Albo regionale di imprese forestali di privati e Consorzi protagonisti di decine e decine di illeciti amministrativi, legati ad uno sfruttamento eccessivo e di rapina del patrimonio forestale regionale, purché questi non abbiano comportato condanne penali.
La controriforma proposta dalla Giunta Regionale snaturerebbe la Legge quadro per la tutela delle foreste e dei pascoli, riaprendo la possibilità di uno sfruttamento selvaggio degli ecosistemi forestali e dei pascoli, come avevano già denunciato lo scorso luglio le Associazioni ecologiste. Si continua a percorrere una strada tracciata da gruppi di pressione che non tollerano una gestione del patrimonio naturale regionale nell’interesse pubblico e non di pochi gruppi di potere ben organizzati.
La Legge che già si vorrebbe cambiare non è stata mai compiutamente applicata, mancandone incredibilmente ancora il Regolamento di attuazione, a due anni dalla scadenza del termine previsto per la sua presentazione al Consiglio da parte della Giunta Regionale. Senza l’approvazione del Regolamento, che secondo la legge avrebbe dovuto definire prescrizioni e limiti d’uso di tutti i boschi e i pascoli della regione, nonché le relative procedure autorizzative, non è ovviamente possibile verificare se la modernissima legge finalmente varata all’inizio del 2014, dopo anni di attesa, sia in grado di regolamentare in modo efficace la tutela e l’utilizzazione degli ecosistemi forestali e di prateria della regione.
Occorrerebbe invece giungere ad una rapida approvazione del Regolamento di attuazione della L.R. n. 3/2014, in modo da disciplinare in modo certo ed univoco tutte le attività di pastorizia e sfruttamento dei boschi, oggi prive di regole certe e quindi foriere di provocare gravi danni.

Appennino Ecosistema
LIPU Abruzzo
WWF Abruzzo Montano
SALVIAMO L’ORSO
Pro Natura Abruzzo
ALTURA Abruzzo

logo


P.N. Gran Sasso-Laga apre all’ingresso dei cacciatori

pngsml no caccia

L’Ente Parco Nazionale Gran Sasso-Laga apre all’ingresso dei cacciatori nel Parco

13/10/2016. Molti speravano che con la recente nomina del nuovo presidente del Parco, l’avv. Tommaso Navarra di Teramo, nel Consiglio Direttivo dell’Ente Parco si sarebbe vista una maggiore attenzione per la conservazione dell’ambiente del Parco. Purtroppo si sbagliavano.
Infatti una delle prime preoccupazioni del neo-presidente è stata quella di proporre al Consiglio una delibera relativa al Piano di gestione del cinghiale, nella quale si conferma, per chi non lo avesse capito, quanto già deliberato nella riunione del Consiglio direttivo del maggio 2016, che “Nelle aree del Parco dove si concentrano i danni al patrimonio agricolo verranno attivate, laddove possibile, anche misure di contenimento basate su abbattimenti selettivi da appostamento fisso o in girata”.
Questa delibera servirà forse a qualcuno per spendersi politicamente il consenso di qualche cacciatore ma non serve a nulla per quanto riguarda il problema dei danni alle colture arrecati dai cinghiali. Infatti nel Parco esiste un efficientissimo sistema di cattura dei cinghiali mediante recinti di cattura che sono già in funzione da anni, messo a punto dal Parco stesso che consentono la cattura, ogni anno di poco meno di un migliaio di capi. Va poi considerato che la stessa caccia in braccata, assai più efficiente rispetto all’appostamento e alla girata (ma non certo ai recinti), ma anche estremamente invasiva ed a forte impatto ambientale, esercitata all’esterno del Parco non risolve certamente il problema in questo confermando le conclusioni a cui sono giunte recentissime ricerche scientifiche che dimostrano come un’intensificare degli abbattimenti spesso indiscriminati alteri la struttura demografca delle popolazioni di cinghiale spingendo le femmine a figliare piu’ spesso ed in eta’piu prematura. Ricordiamo inoltre che gli agricoltori che operano all’interno del parco si trovano in una situazione privilegiata rispetto a quelli delle aree circostanti, in quanto nel Parco si pagano i danni arrecati dalla fauna selvatica, al contrario di quanto succede ormai da tempo al di fuori. Negli ultimi anni risulta senza tema di smentita che nel Parco le catture con i recinti siano aumentate e parallelamente le richieste di danni siano diminuite.
Ricordiamo poi che gli abbattimenti con il fucile risultano pericolosi in quanto il Parco è intensamente frequentato dai turisti, dagli escursionisti in genere, dai ricercatori di funghi e tartufi. I cacciatori autorizzati agli abbattimenti potrebbero poi, in condizioni di erba alta, scambiare i cinghiali con altre specie protette come cervi, caprioli, lupi o addirittura qualche orso, senza contare che i controlli che dovrebbero essere necessariamente effettuati quando fossero in corso gli abbattimenti sarebbero necessariamente a carico dei forestali che operano nel Parco, che sono già pochi e che dovrebbero essere distolti da altri servizi essenziali.
Il Parco poi costituisce una forte attrazione turistica importante per le comunità locali. Ma i visitatori dei parchi nazionali si aspettano di vedere animali vivi e non certo di sentire spari, che tra l’altro spaventano la fauna e la rendono quindi più difficilmente osservabile. Non sarebbe una bella immagine per il Parco e per l’Ente che lo gestisce , non solo, il provvedimento potrebbe avere una ricaduta negativa sull’afflusso di escursionisti e turisti naturalistici vanificando il buon lavoro di promozione del territorio svolto dalle cooperative e dai giovani locali negli ultimi anni…….perchè mai visitare un Parco Nazionale dove al sui interno si gira armati e si e’ autorizzati a sparare ??

LIPU Abruzzo – Stefano Allavena
ALTURA Abruzzo – Fabio Borlenghi
Salviamo l’Orso – Stefano Orlandini
Appennino Ecosistema – Bruno Petriccione

logo associazioni


Caccia: salvate le aree protette, ora tocca al resto del territorio?

cinghiale

Caccia: salvate le aree protette, ora tocca al resto del territorio?

Dopo aver vinto la battaglia sulle aree protette, Appennino Ecosistema diffida la Regione Abruzzo ad attenersi alle decisioni del TAR sulla caccia

L’Aquila, 29/09/2016. Dopo la diffida inviata nei giorni scorsi dall’Associazione ecologista Appennino Ecosistema a 43 Sindaci della Valle del Sangro-Aventino e per conoscenza al Prefetto di Chieti ed al Corpo Forestale dello Stato, il Prefetto ha comunicato ieri di ritenere  illegittime le ordinanze proposte dai Sindaci che, per arginare il fenomeno della sovrappopolazione di cinghiali nella zona del versante orientale della Majella, avrebbero consentito l’uccisione dei cinghiali anche nelle aree protette, devastandone i preziosi e delicati ecosistemi.
E’ stata così riconosciuta la validità della tesi dell’Associazione, che aveva avvertito che ogni attività di disturbo della fauna selvatica e degli habitat naturali è assolutamente vietata in queste aree dalla Direttiva habitat dell’Unione Europea (e relative normative nazionali di recepimento ed applicazione), dalla Legge quadro sulle aree protette n. 394/1991 e dall’art. 733-bis del codice penale. L’emanazione delle ordinanze avrebbe esposto i Sindaci a sicuri procedimenti penali per i reati di cui agli artt. 323 e 414 del codice penale.

Dopo la relativa decisione del TAR Abruzzo, assunta ieri ed appena comunicata, Appennino Ecosistema ha inviato oggi un’altra diffida, questa volta all’Assessore all’Agricoltura Dino Pepe, ad attenersi alla decisione del TAR di confermare la sospensione del calendario venatorio regionale, seppur limitatamente ad alcune specie, in quanto in contrasto con le relative normative europee e nazionali. Se, come annunciato dall’Assessore, la Giunta Regionale dovesse approvare domani lo stesso calendario venatorio con una nuova Deliberazione si esporrebbe di certo ad un procedimento penale per gli stessi reati nei quali sarebbero incorsi i Sindaci, cioè quelli previsti dagli artt. 323 (abuso d’ufficio) e 414 (istigazione a delinquere) del codice penale. L’unica via d’uscita giuridicamente legittima da questo impasse istituzionale sulla caccia, provocato dalla mancanza di attenzione della Giunta Regionale per l’integrità di ecosistemi e specie che ci invidia tutto il Mondo, sarebbe – secondo Appennino Ecosistema – quella di rivedere completamente il calendario venatorio regionale, ottenendo di nuovo il parere obbligatorio dell’ISPRA e, se si intendesse consentire la caccia anche nei SIC e nelle ZPS, di quello del Comitato Regionale VIA in merito alla sua incidenza ambientale.


Ecosistemi forestali e pascoli abruzzesi minacciati

faggeta

La Regione Abruzzo, anziché applicarla, vuole già cambiare la recentissima Legge che tutela gli ecosistemi forestali e i pascoli abruzzesi

Le Associazioni ecologiste denunciano il tentativo della Regione di varare una controriforma della Legge Regionale quadro per la tutela delle foreste e dei pascoli e chiede la rapida approvazione del Regolamento di applicazione

L’Aquila, 26/09/2016. L’Assessore all’Agricoltura Dino Pepe e il Presidente della Commissione Agricoltura del Consiglio Regionale Abruzzese, Lorenzo Berardinetti, hanno appena depositato una proposta di legge regionale che, se andasse in porto, vanificherebbe una parte importante delle norme contenute nella Legge Regionale n. 3/2014 che tutela le foreste e i pascoli abruzzesi. Secondo le Associazioni ecologiste Appennino Ecosistema, LIPU Abruzzo, ALTURA Abruzzo, Salviamo l’Orso, Pro Natura Abruzzo e WWF Abruzzo Montano, le modifiche e le integrazioni che vi sarebbero apportate consentirebbero alla Giunta Regionale di adottare provvedimenti “temporanei” di autorizzazione allo sfruttamento di boschi e pascoli, anche senza i necessari ed obbligatori Piani di gestione, come invece prevede la legge vigente. Persino tutto il patrimonio destinato agli usi civici potrebbe essere affidato velocemente a privati senza scrupoli, che lo sottrarrebbero alla sua destinazione per definizione di pubblica utilità. Le nuove norme proposte consentirebbero anche l’iscrizione all’Albo regionale delle imprese forestali di privati e Consorzi protagonisti di decine e decine di illeciti amministrativi, legati ad uno sfruttamento eccessivo e di rapina del patrimonio forestale regionale, purché questi non abbiano comportato condanne penali.
Sembrava sventato il tentativo della Regione di varare una controriforma della Legge quadro per la tutela delle foreste e dei pascoli (L.R. n. 3/2014), snaturandola e riaprendo la possibilità di uno sfruttamento selvaggio degli ecosistemi forestali e dei pascoli, come avevano denunciato lo scorso luglio le Associazioni ecologiste. E invece la Giunta Regionale continua a percorrere una strada tracciata da gruppi di pressione che non tollerano una gestione del patrimonio naturale regionale nell’interesse pubblico e non di pochi gruppi di potere ben organizzati.
La Legge che già si vorrebbe cambiare non è stata mai compiutamente applicata, mancandone ancora il Regolamento di attuazione, a due anni dalla scadenza del termine previsto per la sua presentazione al Consiglio da parte della Giunta Regionale. Senza il vigore del Regolamento, che secondo la legge avrebbe dovuto definire prescrizioni e limiti d’uso di tutti i boschi e i pascoli della regione, nonché le relative procedure autorizzative, non è ovviamente possibile verificare se la modernissima legge finalmente varata all’inizio del 2014, dopo anni di attesa, sia in grado di regolamentare in modo efficace la tutela e l’utilizzazione degli ecosistemi forestali e di prateria della regione.
Occorrerebbe invece giungere ad una rapida approvazione del Regolamento di attuazione della L.R. n. 3/2014, in modo da disciplinare in modo certo ed univoco tutte le attività di pastorizia e sfruttamento dei boschi, oggi senza regole certe e quindi foriere di provocare gravi danni agli ecosistemi, anche senza che gli operatori ne abbiano consapevolezza. Occorre poi sicuramente il coinvolgimento anche della Commissione Ambiente della Regione, in quanto foreste e praterie pascolate sono ecosistemi di enorme importanza ecologica, cioè beni comuni che producono servizi di fondamentale utilità per tutti, e non solo beni da sfruttare.
Per rappresentare queste preoccupazioni, le Associazioni ecologiste hanno chiesto di essere formalmente audite dalle Commissioni Agricoltura e Ambiente della Regione, dopo che ciò è già avvenuto per altri portatori di interesse come le associazioni degli agricoltori e degli allevatori e per i Consorzi di gestione forestale. Anche i Direttori dei tre Parchi Nazionali abruzzesi dovrebbero essere auditi, in quanto titolari di importanti progetti LIFE co-finanziati dall’Unione Europea volti proprio a cercare di conciliare la tutela di ecosistemi e specie montani con le attività umane di allevamento e taglio boschivo (es.: progetto PRATERIE del Parco Nazionale del Gran Sasso).

logo associazioni


No agli abbattimenti dei cinghiali nelle aree protette

cinghiali

No agli abbattimenti dei cinghiali nelle aree protette: sarebbero illegittimi e devastanti per gli ecosistemi

Appennino Ecosistema diffida i 43 Sindaci della Valle del Sangro-Aventino a non emettere ordinanze che consentano di sparare ai cinghiali anche nelle aree protette.

L’Aquila, 21/09/2016.  Una formale diffida è stata inviata oggi dall’Associazione ecologista Appennino Ecosistema a 43 Sindaci della Valle del Sangro-Aventino e per conoscenza al Prefetto di Chieti ed al Corpo Forestale dello Stato. L’associazione contesta la ragionevolezza e la legittimità della ventilata ordinanza proposta ieri dai 43 Sindaci che, per arginare il fenomeno della sovrappopolazione di cinghiali nella zona del versante orientale della Majella, consentirebbe l’uccisione dei cinghiali anche nelle aree protette.
Si tratterebbe infatti di consentire vere e proprie attività venatorie, seppur limitate ad una sola specie, anche nel territorio del Parco Nazionale della Majella, del Sito di Interesse Comunitario IT7140203 (Maiella) e della Zona di Protezione Speciale IT7140129 (Parco Nazionale della Maiella).
Ogni attività di disturbo (o addirittura uccisione) della fauna selvatica e degli habitat naturali è infatti assolutamente vietata in queste aree dalla Direttiva habitat dell’Unione Europea (e relative normative nazionali di recepimento ed applicazione), dalla Legge quadro sulle aree protette n. 394/1991 e dall’art. 733-bis del codice penale. Qualsiasi deroga può essere ottenuta solo dopo la realizzazione di un apposito Studio di incidenza ambientale, una specifica autorizzazione del Ministero dell’Ambiente ed il controllo completo delle operazioni da parte dell’Ente Parco.
Il ventilato provvedimento sindacale sarebbe quindi assolutamente illegittimo e passibile di denuncia o ricorso amministrativo. Ma lo stesso sarebbe anche palesemente irragionevole ed inefficace, in quanto è dimostrato che la fertilità dei cinghiali è notevolmente più alta quando sono sottoposti a pressione venatoria elevata. Quando la caccia è intensa, infatti, la maturità sessuale viene raggiunta prima, mentre nei territori in cui sono presenti pochi cacciatori la fecondità è minore e la maturità sessuale viene raggiunta più tardi. La caccia e gli abbattimenti selettivi aumentano la dimensione di popolazione dei cinghiali anche in modo indiretto: infatti, questi animali hanno una struttura sociale molto sensibile. Una cinghialessa dominante va in estro solo una volta all’anno e guida il gruppo, così come le altre femmine del gruppo che ne sono influenzate. Se la femmina dominante viene uccisa, il gruppo si disperde, gli animali senza guida irrompono nei campi, tutte le femminine diventano feconde più volte nell’anno e si riproducono in modo incontrollato.
Nelle aree protette, poi, la caccia e gli abbattimenti selettivi produrrebbero un forte disturbo anche nei confronti dei predatori naturali dei cinghiali (come i lupi), con il risultato di ostacolare le naturali dinamiche predatori-prede, in grado di ottenere il contenimento delle popolazioni di cinghiali senza alcuno sforzo. L’eventuale uso di cani da caccia, inoltre, produrrebbe un disturbo ancora maggiore ed aumenterebbe i rischi legati al randagismo canino. Questo non sarebbe certo un intervento isolato, infatti per mantenere dimensioni “accettabili” delle popolazioni di cinghiali sarebbe necessario ripetere gli interventi continuamente, anche ad intervalli ravvicinati, con relativo ed inevitabile effetto moltiplicatore sul disturbo. Sarebbe come, in pratica, legalizzare la caccia anche nelle aree protette.
Occorre invece promuovere azioni per migliorare lo stato dei nostri ecosistemi: dove questi sono ben funzionanti, infatti, gli equilibri naturali si auto-mantengono in uno stato stazionario a tempo indefinito, se non perturbati dall’uomo. In queste aree, le popolazioni di animali selvatici possono subire fluttuazioni quantitative nel tempo, ma alla fine si equilibrano spontaneamente per l’effetto di dinamiche interne ed esterne (esaurimento delle risorse alimentari, azione di organismi patogeni, etc.). Ed occorre sviluppare politiche scientificamente basate: nella nostra Regione, invece, non sono mai state concretamente attuate le “Linee guida per la gestione del cinghiale nelle aree protette” redatte dall’ISPRA e non sono mai state istituite le aree contigue ai Parchi, previste dalla Legge quadro sulle aree protette n. 394/1991, ove sarebbe invece possibile gestire la caccia in modo razionale, creando delle zone-cuscinetto tra i Parchi e il resto del territorio.

Immagine da internet. Se sei l’autore di questa foto, contattaci e saremo felice di aggiungere l’attribuzione.