Caccia: salvate le aree protette, ora tocca al resto del territorio?

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Caccia: salvate le aree protette, ora tocca al resto del territorio?

Dopo aver vinto la battaglia sulle aree protette, Appennino Ecosistema diffida la Regione Abruzzo ad attenersi alle decisioni del TAR sulla caccia

L’Aquila, 29/09/2016. Dopo la diffida inviata nei giorni scorsi dall’Associazione ecologista Appennino Ecosistema a 43 Sindaci della Valle del Sangro-Aventino e per conoscenza al Prefetto di Chieti ed al Corpo Forestale dello Stato, il Prefetto ha comunicato ieri di ritenere  illegittime le ordinanze proposte dai Sindaci che, per arginare il fenomeno della sovrappopolazione di cinghiali nella zona del versante orientale della Majella, avrebbero consentito l’uccisione dei cinghiali anche nelle aree protette, devastandone i preziosi e delicati ecosistemi.
E’ stata così riconosciuta la validità della tesi dell’Associazione, che aveva avvertito che ogni attività di disturbo della fauna selvatica e degli habitat naturali è assolutamente vietata in queste aree dalla Direttiva habitat dell’Unione Europea (e relative normative nazionali di recepimento ed applicazione), dalla Legge quadro sulle aree protette n. 394/1991 e dall’art. 733-bis del codice penale. L’emanazione delle ordinanze avrebbe esposto i Sindaci a sicuri procedimenti penali per i reati di cui agli artt. 323 e 414 del codice penale.

Dopo la relativa decisione del TAR Abruzzo, assunta ieri ed appena comunicata, Appennino Ecosistema ha inviato oggi un’altra diffida, questa volta all’Assessore all’Agricoltura Dino Pepe, ad attenersi alla decisione del TAR di confermare la sospensione del calendario venatorio regionale, seppur limitatamente ad alcune specie, in quanto in contrasto con le relative normative europee e nazionali. Se, come annunciato dall’Assessore, la Giunta Regionale dovesse approvare domani lo stesso calendario venatorio con una nuova Deliberazione si esporrebbe di certo ad un procedimento penale per gli stessi reati nei quali sarebbero incorsi i Sindaci, cioè quelli previsti dagli artt. 323 (abuso d’ufficio) e 414 (istigazione a delinquere) del codice penale. L’unica via d’uscita giuridicamente legittima da questo impasse istituzionale sulla caccia, provocato dalla mancanza di attenzione della Giunta Regionale per l’integrità di ecosistemi e specie che ci invidia tutto il Mondo, sarebbe – secondo Appennino Ecosistema – quella di rivedere completamente il calendario venatorio regionale, ottenendo di nuovo il parere obbligatorio dell’ISPRA e, se si intendesse consentire la caccia anche nei SIC e nelle ZPS, di quello del Comitato Regionale VIA in merito alla sua incidenza ambientale.


Ecosistemi forestali e pascoli abruzzesi minacciati

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La Regione Abruzzo, anziché applicarla, vuole già cambiare la recentissima Legge che tutela gli ecosistemi forestali e i pascoli abruzzesi

Le Associazioni ecologiste denunciano il tentativo della Regione di varare una controriforma della Legge Regionale quadro per la tutela delle foreste e dei pascoli e chiede la rapida approvazione del Regolamento di applicazione

L’Aquila, 26/09/2016. L’Assessore all’Agricoltura Dino Pepe e il Presidente della Commissione Agricoltura del Consiglio Regionale Abruzzese, Lorenzo Berardinetti, hanno appena depositato una proposta di legge regionale che, se andasse in porto, vanificherebbe una parte importante delle norme contenute nella Legge Regionale n. 3/2014 che tutela le foreste e i pascoli abruzzesi. Secondo le Associazioni ecologiste Appennino Ecosistema, LIPU Abruzzo, ALTURA Abruzzo, Salviamo l’Orso, Pro Natura Abruzzo e WWF Abruzzo Montano, le modifiche e le integrazioni che vi sarebbero apportate consentirebbero alla Giunta Regionale di adottare provvedimenti “temporanei” di autorizzazione allo sfruttamento di boschi e pascoli, anche senza i necessari ed obbligatori Piani di gestione, come invece prevede la legge vigente. Persino tutto il patrimonio destinato agli usi civici potrebbe essere affidato velocemente a privati senza scrupoli, che lo sottrarrebbero alla sua destinazione per definizione di pubblica utilità. Le nuove norme proposte consentirebbero anche l’iscrizione all’Albo regionale delle imprese forestali di privati e Consorzi protagonisti di decine e decine di illeciti amministrativi, legati ad uno sfruttamento eccessivo e di rapina del patrimonio forestale regionale, purché questi non abbiano comportato condanne penali.
Sembrava sventato il tentativo della Regione di varare una controriforma della Legge quadro per la tutela delle foreste e dei pascoli (L.R. n. 3/2014), snaturandola e riaprendo la possibilità di uno sfruttamento selvaggio degli ecosistemi forestali e dei pascoli, come avevano denunciato lo scorso luglio le Associazioni ecologiste. E invece la Giunta Regionale continua a percorrere una strada tracciata da gruppi di pressione che non tollerano una gestione del patrimonio naturale regionale nell’interesse pubblico e non di pochi gruppi di potere ben organizzati.
La Legge che già si vorrebbe cambiare non è stata mai compiutamente applicata, mancandone ancora il Regolamento di attuazione, a due anni dalla scadenza del termine previsto per la sua presentazione al Consiglio da parte della Giunta Regionale. Senza il vigore del Regolamento, che secondo la legge avrebbe dovuto definire prescrizioni e limiti d’uso di tutti i boschi e i pascoli della regione, nonché le relative procedure autorizzative, non è ovviamente possibile verificare se la modernissima legge finalmente varata all’inizio del 2014, dopo anni di attesa, sia in grado di regolamentare in modo efficace la tutela e l’utilizzazione degli ecosistemi forestali e di prateria della regione.
Occorrerebbe invece giungere ad una rapida approvazione del Regolamento di attuazione della L.R. n. 3/2014, in modo da disciplinare in modo certo ed univoco tutte le attività di pastorizia e sfruttamento dei boschi, oggi senza regole certe e quindi foriere di provocare gravi danni agli ecosistemi, anche senza che gli operatori ne abbiano consapevolezza. Occorre poi sicuramente il coinvolgimento anche della Commissione Ambiente della Regione, in quanto foreste e praterie pascolate sono ecosistemi di enorme importanza ecologica, cioè beni comuni che producono servizi di fondamentale utilità per tutti, e non solo beni da sfruttare.
Per rappresentare queste preoccupazioni, le Associazioni ecologiste hanno chiesto di essere formalmente audite dalle Commissioni Agricoltura e Ambiente della Regione, dopo che ciò è già avvenuto per altri portatori di interesse come le associazioni degli agricoltori e degli allevatori e per i Consorzi di gestione forestale. Anche i Direttori dei tre Parchi Nazionali abruzzesi dovrebbero essere auditi, in quanto titolari di importanti progetti LIFE co-finanziati dall’Unione Europea volti proprio a cercare di conciliare la tutela di ecosistemi e specie montani con le attività umane di allevamento e taglio boschivo (es.: progetto PRATERIE del Parco Nazionale del Gran Sasso).

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No agli abbattimenti dei cinghiali nelle aree protette

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No agli abbattimenti dei cinghiali nelle aree protette: sarebbero illegittimi e devastanti per gli ecosistemi

Appennino Ecosistema diffida i 43 Sindaci della Valle del Sangro-Aventino a non emettere ordinanze che consentano di sparare ai cinghiali anche nelle aree protette.

L’Aquila, 21/09/2016.  Una formale diffida è stata inviata oggi dall’Associazione ecologista Appennino Ecosistema a 43 Sindaci della Valle del Sangro-Aventino e per conoscenza al Prefetto di Chieti ed al Corpo Forestale dello Stato. L’associazione contesta la ragionevolezza e la legittimità della ventilata ordinanza proposta ieri dai 43 Sindaci che, per arginare il fenomeno della sovrappopolazione di cinghiali nella zona del versante orientale della Majella, consentirebbe l’uccisione dei cinghiali anche nelle aree protette.
Si tratterebbe infatti di consentire vere e proprie attività venatorie, seppur limitate ad una sola specie, anche nel territorio del Parco Nazionale della Majella, del Sito di Interesse Comunitario IT7140203 (Maiella) e della Zona di Protezione Speciale IT7140129 (Parco Nazionale della Maiella).
Ogni attività di disturbo (o addirittura uccisione) della fauna selvatica e degli habitat naturali è infatti assolutamente vietata in queste aree dalla Direttiva habitat dell’Unione Europea (e relative normative nazionali di recepimento ed applicazione), dalla Legge quadro sulle aree protette n. 394/1991 e dall’art. 733-bis del codice penale. Qualsiasi deroga può essere ottenuta solo dopo la realizzazione di un apposito Studio di incidenza ambientale, una specifica autorizzazione del Ministero dell’Ambiente ed il controllo completo delle operazioni da parte dell’Ente Parco.
Il ventilato provvedimento sindacale sarebbe quindi assolutamente illegittimo e passibile di denuncia o ricorso amministrativo. Ma lo stesso sarebbe anche palesemente irragionevole ed inefficace, in quanto è dimostrato che la fertilità dei cinghiali è notevolmente più alta quando sono sottoposti a pressione venatoria elevata. Quando la caccia è intensa, infatti, la maturità sessuale viene raggiunta prima, mentre nei territori in cui sono presenti pochi cacciatori la fecondità è minore e la maturità sessuale viene raggiunta più tardi. La caccia e gli abbattimenti selettivi aumentano la dimensione di popolazione dei cinghiali anche in modo indiretto: infatti, questi animali hanno una struttura sociale molto sensibile. Una cinghialessa dominante va in estro solo una volta all’anno e guida il gruppo, così come le altre femmine del gruppo che ne sono influenzate. Se la femmina dominante viene uccisa, il gruppo si disperde, gli animali senza guida irrompono nei campi, tutte le femminine diventano feconde più volte nell’anno e si riproducono in modo incontrollato.
Nelle aree protette, poi, la caccia e gli abbattimenti selettivi produrrebbero un forte disturbo anche nei confronti dei predatori naturali dei cinghiali (come i lupi), con il risultato di ostacolare le naturali dinamiche predatori-prede, in grado di ottenere il contenimento delle popolazioni di cinghiali senza alcuno sforzo. L’eventuale uso di cani da caccia, inoltre, produrrebbe un disturbo ancora maggiore ed aumenterebbe i rischi legati al randagismo canino. Questo non sarebbe certo un intervento isolato, infatti per mantenere dimensioni “accettabili” delle popolazioni di cinghiali sarebbe necessario ripetere gli interventi continuamente, anche ad intervalli ravvicinati, con relativo ed inevitabile effetto moltiplicatore sul disturbo. Sarebbe come, in pratica, legalizzare la caccia anche nelle aree protette.
Occorre invece promuovere azioni per migliorare lo stato dei nostri ecosistemi: dove questi sono ben funzionanti, infatti, gli equilibri naturali si auto-mantengono in uno stato stazionario a tempo indefinito, se non perturbati dall’uomo. In queste aree, le popolazioni di animali selvatici possono subire fluttuazioni quantitative nel tempo, ma alla fine si equilibrano spontaneamente per l’effetto di dinamiche interne ed esterne (esaurimento delle risorse alimentari, azione di organismi patogeni, etc.). Ed occorre sviluppare politiche scientificamente basate: nella nostra Regione, invece, non sono mai state concretamente attuate le “Linee guida per la gestione del cinghiale nelle aree protette” redatte dall’ISPRA e non sono mai state istituite le aree contigue ai Parchi, previste dalla Legge quadro sulle aree protette n. 394/1991, ove sarebbe invece possibile gestire la caccia in modo razionale, creando delle zone-cuscinetto tra i Parchi e il resto del territorio.

Immagine da internet. Se sei l’autore di questa foto, contattaci e saremo felice di aggiungere l’attribuzione.


Parco Nazionale della Majella: parco naturale o parco dei divertimenti?

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Attività “turistiche” alla Cisterna di Bolognano (Zona A del Parco Nazionale della Majella).

Gli ecologisti chiedono all’Ente Parco e al Corpo forestale di intervenire per tutelare i fragili ecosistemi delle Gole dell’Orta

Denunciano i danni provocati ai fragili ecosistemi acquatici delle Gole dell’Orta, dove le acque del fiume, le pozze e le cascate sono correntemente utilizzate come vero e proprio parco dei divertimenti, in piena Zona A di Riserva integrale del Parco Nazionale della Majella.

L’Aquila, 09/09/2016. Stamattina le Associazioni Appennino Ecosistema, Studium Naturae, Stazione Ornitologica Abruzzese, Lega Italiana per la Protezione degli Uccelli (Abruzzo), ALTURA (Abruzzo) e Salviamo l’Orso hanno presentato un dettagliato esposto all’Ente del Parco Nazionale ed al Corpo Forestale dello Stato, per richiamarne l’attenzione sul frequente verificarsi di comportamenti illeciti nell’area delle Gole del Fiume Orta (in territorio dei Comuni di Bolognano e San Valentino in Abruzzo Citeriore – PE) dove, in particolare nel tratto fluviale compreso tra gli abitati di Musellaro e Bolognano, folti gruppi di escursionisti e di turisti circolano al di fuori dei sentieri ufficiali del Parco e praticano la balneazione nelle acque del Fiume, in particolare nel biotopo noto come “Cisterna di Bolognano”.

granchio di fiume

Granchio d’acqua dolce in atteggiamento di difesa/offesa.

Si tratta di ecosistemi acquatici estremamente delicati, che ospitano specie minacciate di estinzione come la lontra, diversi Anfibi come la salamandra e crostacei minacciati di estinzione come il gambero di fiume e il granchio d’acqua dolce: in questi habitat, la semplice presenza di turisti produce un forte disturbo alla fauna vertebrata ed invertebrata, mentre il calpestio del fondale del fiume apporta ingenti danni alla vegetazione ed alle ovature di pesci, anfibi e crostacei.
Le Associazioni chiedono che si impediscano queste vere e proprie “patologie del turismo” e che si proceda contro i responsabili per la violazione dei divieti previsti dal D.P.R. del 05/06/1995 che istituisce il Parco Nazionale della Majella, per quelli previsti nella zonazione del Piano del Parco (in base al quale l’accesso turistico alle Zone A è limitato ai soli sentieri segnalati) ed anche in forza della L.R. n. 50/1993 sulla tutela della fauna cosiddetta minore, che proibisce ogni attività che possa provocare l’eccessivo disturbo, la distruzione o il deterioramento degli ambienti di vita, di riproduzione o di frequentazione delle specie tutelate (anfibi, rettili, etc.).
Questo comportamento incivile e irrispettoso degli enormi valori ecologici custoditi nel Parco Nazionale della Majella è oltretutto ampiamente promosso da gruppi organizzati attraverso gli strumenti informatici del web, utilizzando in particolare Facebook, il che potrebbe configurare anche il grave reato di istigazione a delinquere (art. 414 del codice penale), in quanto lo strumento informatico, essendo accessibile a chiunque, è considerato tutti gli effetti un mezzo pubblico.
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Bestiame: contro lo sfruttamento selvaggio degli ecosistemi appenninici

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Allevamento del bestiame: applicare subito le leggi, contro lo sfruttamento selvaggio degli ecosistemi degli Appennini.

Appennino Ecosistema denuncia i tentativi in corso di anteporre gli interessi di pochi allevatori a quelli generali di tutela e conservazione degli ecosistemi naturali e delle specie selvatiche.

L’Aquila, 22/08/2016.  Appennino Ecosistema denuncia i ripetuti tentativi da parte di alcuni allevatori di liberalizzare attività oggi palesemente illegali, spalleggiati dalla Regione che sta cercando di varare una controriforma della Legge Regionale quadro per la tutela delle foreste e dei pascoli (la n. 3/2014), e chiede la rapida approvazione del suo Regolamento di applicazione e dei Regolamenti comunali sui pascoli, sulla base delle Linee guida approvate nell’ambito del progetto LIFE “PRATERIE”.
Il pascolo brado di vacche e cavalli, spesso lasciati al loro destino in montagna anche nel periodo invernale e senza alcuna custodia, costituisce oggi una delle principali minacce all’integrità degli ecosistemi e delle specie montane. La presenza di enormi quantità di questi animali (si contano oltre 1000 bovini e più di 500 equini nel solo territorio del Parco Nazionale del Gran Sasso), liberi di muoversi senza controllo, sta infatti provocando gravi danni alle praterie naturali, agli ambienti umidi ed ai boschi di montagna in tutti gli Appennini Centrali, che fino a pochi decenni orsono conoscevano la presenza soltanto degli ovini, sempre ben custoditi e di gran lunga meno dannosi per l’ambiente. Oltre che dannoso, il pascolo brado è vietato da norme di carattere generale e dalla Legge Regionale n. 3/2014. Nei territori protetti da Siti di Interesse Comunitario o Zone di Protezione Speciale, inoltre, i proprietari sono punibili per i danni arrecati dai loro animali, in base all’art. 733 bis del Codice penale (Distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto), con l’arresto fino a 18 mesi e l’ammenda non inferiore a 3.000 euro.
Per quanto riguarda il Gran Sasso, gli allevatori hanno avuto ampio modo di esprimere il loro punto di vista, nel corso degli oltre 10 incontri partecipativi svoltisi tra il 2013 e il 2015 nell’ambito del progetto LIFE “PRATERIE”, con il quale l’Ente del Parco Nazionale ha avviato un proficuo processo volto alla tutela delle praterie montane del massiccio (che è ovviamente prioritaria in un’area protetta), ascoltando il punto di vista degli allevatori, delle Amministrazioni Comunali interessate, delle ASBUC, del Corpo Forestale dello Stato e di tutti gli altri soggetti interessati. Al termine di questi intensi lavori, finanziati dall’Unione Europea con quasi un milione di euro, sono state elaborate e condivise le Linee guida per la gestione dei pascoli, pubblicate sul sito web del progetto e formalmente approvate dal Consiglio Direttivo del Parco con Deliberazione n. 24 del 6 maggio 2015. Tutti i Comuni partecipanti si sono quindi impegnati ad approvare, come prevede la legge, i relativi Regolamenti comunali, il primo dei quali è stato quello, ora ingiustamente contestato, del Comune dell’Aquila. In particolare, le Linee guida prevedono, nel territorio del Parco Nazionale, l’obbligo di custodia degli animali al pascolo, il divieto di pascolamento nel periodo invernale, la sua limitazione in base alla capacità portante delle praterie e la sua totale interdizione oltre una certa quota.
E’ anche in atto un preoccupante tentativo della Giunta Regionale Abruzzese di varare una controriforma della Legge Regionale quadro per la tutela delle foreste e dei pascoli (L.R. n. 3/2014), che la snaturerebbe riaprendo la possibilità di uno sfruttamento selvaggio degli ecosistemi forestali e dei pascoli, riservandolo oltretutto a pochi gruppi di potere politico-economico. Inoltre, la Legge che già si vorrebbe cambiare non è stata mai compiutamente applicata, mancandone ancora il Regolamento di attuazione, a due anni dalla scadenza del termine previsto per la sua presentazione al Consiglio da parte della Giunta Regionale. Senza il vigore del Regolamento, che secondo la legge avrebbe dovuto definire prescrizioni e limiti d’uso di tutti i boschi e i pascoli della regione, nonché le relative procedure autorizzative, non è ovviamente possibile verificare se la modernissima legge finalmente varata all’inizio del 2014, dopo anni di attesa, sia in grado di regolamentare in modo efficace la tutela e l’utilizzazione degli ecosistemi forestali e di prateria della regione.
Il Presidente di Appennino Ecosistema, Bruno Petriccione, si dichiara disponibile a partecipare a qualsiasi futuro incontro convocato dall’Ente Parco del Gran Sasso, dal Comune dell’Aquila o dalla Regione, per ribadire quanto appena esposto e contribuire a risolvere queste problematiche su basi scientifiche e giuridiche.
Il Presidente di Appennino Ecosistema ha anche recentemente chiesto al Presidente della Terza Commissione (Agricoltura) del Consiglio Regionale Abruzzese, Lorenzo Berardinetti, di essere formalmente audito dalle Commissioni Agricoltura e Ambiente della Regione, insieme alle altre Associazioni ecologiste attive in Abruzzo, dopo che ciò è già avvenuto per altri portatori di interesse come le associazioni degli agricoltori e degli allevatori e per i Consorzi di gestione forestale. Anche i Direttori dei tre Parchi Nazionali abruzzesi dovrebbero essere auditi, in quanto titolari di importanti progetti LIFE co-finanziati dall’Unione Europea volti proprio a cercare di conciliare la tutela di ecosistemi e specie montani con le attività umane di allevamento e taglio boschivo (come il progetto PRATERIE del Parco Nazionale del Gran Sasso).


Voltare pagina con l’istituzione del Parco Nazionale Velino Sirente

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Parco Regionale Sirente Velino: voltare pagina con l’istituzione del Parco Nazionale

Di fronte all’incapacità delle Amministrazioni Regionali e Comunali di rilanciare la tutela degli ecosistemi del massiccio del Velino Sirente, Appennino Ecosistema e Salviamo l’Orso indicano nella proposta di istituire un grande Parco Nazionale l’unica soluzione percorribile

L’Aquila, 09/08/2016. A fronte di una situazione attuale di crisi e malcontento generalizzato, il futuro del Parco Regionale Sirente Velino vive oggi momenti di grande confusione, a seguito dell’ennesima proposta di riforma della sua legge istitutiva (progetto di legge regionale n. 39/2014, che sarebbe la quarta dal 1989, anno della sua istituzione), della terza proposta di riperimetrazione formulata da alcuni Sindaci della Valle Subequana e dell’Altopiano delle Rocche (senza alcuna base scientifica e per puri motivi localistici), e delle continue ed infruttuose riunioni convocate dalla Regione tra Sindaci del Parco ed Associazioni ambientaliste ed ecologiste che si susseguono ormai ininterrottamente fin dal mese di aprile scorso.
Questa situazione non può portare alla soluzione dei problemi del Parco ma anzi può solo crearne di ulteriori. Di fronte alla ormai conclamata mancanza di volontà di Sindaci e Regione di approvare finalmente il Piano del Parco, rendendolo realmente operativo e rilanciandone così le attività, l’unica soluzione per assicurare una efficace protezione agli ecosistemi del massiccio del Velino Sirente è quella di rinunciare alla tutela regionale e passare decisamente all’istituzione del progettato Parco Nazionale. Infatti, la mancata gestione del Parco Regionale da parte della Regione in questi 28 anni lo ha reso di fatto un vero e proprio ectoplasma, impedendone il funzionamento e qualsiasi ricaduta positiva sul territorio: non resta quindi che concludere una volta per tutte questa storia di croniche inadempienze, affrancando il Sirente Velino dalla tutela regionale.
La proposta di istituzione del Parco Nazionale del Velino Sirente, lanciata cinque mesi fa da Appennino Ecosistema e formalizzata durante il workshop svoltosi a Lucoli nello scorso mese di maggio, comprende infatti l’approvazione della zonazione del territorio (secondo la bozza già elaborata dagli esperti di Appennino Ecosistema) fin dal momento dell’istituzione del nuovo Parco Nazionale. La zonazione prevista dal Piano del Parco Regionale avrebbe potuto lanciare una gestione del territorio scientificamente fondata ed adeguata da un lato alle sue qualità ecologiche e dall’altro alle attività umane con queste compatibili. L’adozione formale del Piano del Parco sarebbe già dovuta avvenire da oltre vent’anni, secondo le procedure previste dalle tre precedenti leggi, mai attuate, che ne prevedevano l’entrata in vigore entro 6 mesi (nel 1989), entro 18 mesi (nel 2000) ed entro 18 mesi (nel 2011), nonché la possibilità di esercitare i poteri sostitutivi da parte della Giunta Regionale. Senza il Piano del Parco, permangono invece in vigore in modo “provvisorio” (da ormai quasi trent’anni!) assurdi ed immotivati divieti di assoluta inalterabilità dei luoghi, su tutto il territorio del Parco, persino nei centri abitati e nelle zone agricole, che fanno degli abitanti di tutti i Comuni compresi nel Parco veri e propri ostaggi della mancata applicazione della legge e dell’assoluta discrezionalità dell’Ente Parco per le autorizzazioni relative a qualsiasi intervento sul territorio.
La proposta di istituzione del Parco Nazionale ha finora trovato il sostegno aperto delle Amministrazioni Comunali di Ocre, San Demetrio ne’ Vestini e Magliano de’ Marsi, il sostegno condizionato di quelle di Lucoli e L’Aquila, e l’interesse a vagliare la proposta di Fontecchio, Castel di Ieri, Acciano, Cerchio e Massa d’Albe, nonché del Presidente della Commissione Territorio e Ambiente della Regione Pierpaolo Pietrucci. Appennino Ecosistema continuerà a lavorare su questa proposta, in modo da arrivare ad una decisione in merito da parte della Regione Abruzzo entro la fine di quest’anno, per poi proseguire l’iter a livello nazionale.


La Regione Abruzzo vuole riaprire il transito sulle strade forestali

pista forestale

Allarme di Appennino Ecosistema: la Regione Abruzzo vuole riaprire il transito a tutti i mezzi motorizzati sulle strade forestali e di montagna.

Il Consiglio Regionale si appresta a modificare la Legge forestale regionale che proibisce il transito su tutte le strade di montagna a chi non ne ha titolo.

L’Aquila, 06/08/2016. Con un semplice emendamento al progetto di legge regionale n. 251/2016 (che apporta modifiche alla Legge Regionale quadro sulle aree protette n. 38/1996), il Consiglio Regionale dell’Abruzzo si appresta, nella seduta di lunedì prossimo 8 agosto 2016, a sovvertire completamente la logica di protezione degli ecosistemi forestali che è alla base del divieto di transito sulle strade forestali con ogni mezzo motorizzato contenuto oggi nella Legge regionale forestale n. 3/2014.
La Commissione Ambiente, presieduta da Pierpaolo Pietrucci, ha infatti approvato in sede referente un emendamento all’articolo 45 della L.R. forestale che prevede, in assoluto contrasto con i principi dello stesso articolo, che il traffico sulle strade forestali della Regione, fuori e dentro le aree protette, sia “sempre consentito” ad ogni mezzo motorizzato, senza quindi alcuna formalità o necessità di autorizzazioni da parte delle competenti Amministrazioni Comunali o Regionali.
L’approvazione di tale norma, oltre ad essere del tutto estranea al contenuto del progetto di legge all’esame del Consiglio Regionale, aprirebbe le porte ad attività con fortissima incidenza negativa sul l’integrità degli ecosistemi forestali e delle preziose specie che li compongono, tra le quali l’orso bruno marsicano.
Appennino Ecosistema rivolge un appello al Presidente Pietrucci, relatore del progetto di legge, perché rivaluti la situazione e proponga al Consiglio di stralciare questo emendamento, la cui approvazione produrrebbe confusione e incertezza nell’applicazione delle relative norme, oltre che a sicuri danni sul piano ecologico alle nostre aree forestali e montane.


Sig. Goniolimon italicum va in Sardegna

Appennino Ecosistema porta il Sig. Goniolimon italicum in Sardegna

Goniolimon italicum

Goniolimon italicum in fiore nella conca aquiliana.

 
Il rarissimo Goniolimon italicum, specie endemica della conca aquilana e personaggio di Facebook, si è presentato, lo scorso 16 giugno, al pubblico internazionale del X International Meeting on Biodiversity Conservation and Mangement, nella splendida Foresta Demaniale Regionale di Monti Mannu, nel SW della Sardegna.


relazione


Appennino Ecosistema aderisce al Racconto della Biodiversità

Cammino LTER 2015

Un momento durante il Cammino LTER di 2015, partecipanti e botanici collaborano per rilevare la vegetazione di alta quota.

Appennino Ecosistema aderisce al cammino “Il racconto della biodiversità dell’Appennino”

Dal 20 al 24 luglio, Partecipanti ed esperti botanici, zoologi e geologi in cammino insieme per conoscere le tante ricchezze e fragilità ecologiche del nostro Paese.

L’iniziativa è stata organizzata dopo i positivi risultati ottenuti nel 2015 attraverso i tre Cammini LTER (tra i quali quello dal Velino al Gran Sasso “L’avventura della biodiversità”). Nel corrente mese di luglio ricercatori italiani impegnati nelle Ricerche Ecologiche di Lungo Termine (Rete LTER Italia) e nello studio ed analisi dei dati di biodiversità (LifeWatch) percorreranno di nuovo assieme ai cittadini quattro itinerari di divulgazione scientifica, come eventi di comunicazione della scienza e della sostenibilità ambientale. Questi Cammini, una sorta di Via Francigena della ricerca ecologica, saranno occasioni per conoscere le tante ricchezze e fragilità ecologiche del nostro Paese, osservando il paesaggio sintonizzati alla velocità del nostro corpo in cammino, ottimale per percepire le caratteristiche di quanto ci circonda.

Ammirando la vista durante il cammino LTER 2015.

Ammirando la vista durante il cammino LTER 2015.

I Cammini sono organizzati con il sostegno a livello nazionale del Consiglio Nazionale delle Ricerche, del Corpo Forestale dello Stato, della Rete LTER Italia e di LifeWatch-ITA. Nei siti della Rete LTER e lungo i percorsi che li congiungono si potrà riconoscere la vegetazione e imparare a valutarne lo stato, identificare gli animali, stimare il grado di biodiversità, determinare la qualità dell’ambiente. Sarà possibile incontrare i ricercatori, partecipare ai lavori sul campo, capire l’importanza degli studi di lungo termine e attivare iniziative di “scienza dei cittadini”, la principale forma di ricerca scientifica condivisa, condotta cioè non solo da professionisti ma da chiunque lo desideri. Tutti i dettagli sono riportati sul sito web Cammini LTER-Italia 2016.
Il Cammino Il racconto della biodiversità dell’Appennino (informazioni dettagliate sul sito web Il racconto della biodiversità dell’Appennino) è organizzato dal Corpo Forestale dello Stato, dagli Enti Parco Nazionale del Gran Sasso e della Majella e dall’Università del Molise. Il cammino si svolgerà sui monti dell’Abruzzo e unirà tutte le stazioni di ricerca del sito LTER Italia “Appennini Centrali: alta quota”, con i tre siti di ricerca LTER del Monte Velino, del Gran Sasso e della Majella. I partecipanti percorreranno, prevalentemente a piedi, il paesaggio caratteristico della montagna interna dell’Appennino Centrale, dai boschi alle praterie di alta quota, con elevatissimi valori di biodiversità.
Botanici e protagonisti al Bioblitz di 2015 a Campo Imperatore.

Botanici e protagonisti al Bioblitz di 2015 a Campo Imperatore.

Si attraverseranno aree ad alto valore ambientale e turistico, tre Parchi Naturali, uno Regionale (Sirente Velino) e gli altri due Nazionali (Gran Sasso e Monti della Laga, Majella), e quattro Riserve Naturali, una Regionale (Duchessa) e le altre tre Statali (Monte Velino, Orfento, Lama Bianca). Si partirà il 19 luglio con un evento di apertura presso il Centro Visite di Magliano de’Marsi, si proseguirà con attività sul Monte Velino, sul Gran Sasso e sulla Majella, attraversando i Comuni di Magliano de’Marsi, Lucoli, Borgorose, L’Aquila, Caramanico Terme e S. Eufemia a Maiella, con rilevamento della vegetazione e del microclima, nei siti di ricerca LTER, e osservazioni sugli ecosistemi, la geologia, la flora e la fauna lungo tutto il percorso. I partecipanti saranno accompagnati da esperti botanici, zoologi e geologi. La giornate del 22 (Gran Sasso) e del 23 (Majella), vedranno infine uniti ricercatori, naturalisti dilettanti e volontari in uno studio intensivo di 24 ore sul campo (un Bioblitz), teso a determinare tutte le specie vegetali e animali che vivono nelle rispettive aree, contribuendo così alla definizione dello stato della biodiversità.

Per informazioni e iscrizioni: Majambiente, tel: 085 922343.


Appello contro lo scempio legislativo delle aree protette

RC180516-S057

Il Presidente e cinque consiglieri scientifici di Appennino Ecosistema sottoscrivono una lettera aperta indirizzata al WWF Italia


LETTERA APERTA AL WWF SUI PARCHI

Cari amici del WWF Italia,  cara Presidente Donatella Bianchi,

in occasione del 50° del WWF-Italia e della concomitante elezione in Austria del primo Presidente della repubblica “verde” della storia, permetteteci come semplici  soci che nel passato hanno avuto qualche ruolo nella difesa del nostro patrimonio naturale di esprimervi  il nostro  stupore nel registrare la mancata opposizione dell’Associazione alla iniziativa del PD tenutasi a Bologna lunedì 23 maggio e basata sulla modifica  (in peggio) dell’attuale legge sui parchi 394/91. Per anni il WWF, a cui abbiamo creduto e a cui siamo affezionati, ha rappresentato il baluardo più forte contro i tentativi di vanificare una legge storica, che ha visto molti di noi impegnati a difendere i valori in cui crediamo ottenendo  un risultato che molti altri Paesi ci invidiano. Ora questi sacrifici e questi straordinari risultati rischiano di venir  vanificati  dalla Proposta di legge Caleo. Pensiamo conosciate i peggioramenti ma comunque vediamo di esprimerli in estrema sintesi:

1) Federparchi  assume la titolarità della rappresentanza dei Parchi italiani (Art. 5 bis): si assesta così l’ennesimo colpo al principio dell’autonomia di questi Enti,

2) il bilanciamento dei poteri tra l’interesse pubblico nazionale e quello locale viene alterato dando peso alle rivendicazioni locali sia nella composizione degli organismi dirigenti sia nella nomina del direttore che non verrà più nominato dal Ministro, ma sarà espressione di rappresentanze locali.  Infatti a nominarlo su indicazione del  Presidente sarà il Consiglio direttivo. Si tratta di un cambiamento che abbinato alla abolizione dell’Albo dei direttori di Parco nazionale non vedrà più il merito, l’esperienza e le competenze al primo posto ma la “affidabilità” (politica!?) nella persona che verrà indicata  dal presidente e dai rappresentanti locali. In questo senso il decadimento dei principi della 394 è particolarmente evidente .

3) vengono introdotte le royalities per i parchi che ospitano iniziative dannose per l’ambiente. Per esempio se i petrolieri danno soldi ai parchi in base al petrolio estratto come potrà l’Ente Parco mantenere una sua indipendenza nei confronti di possibili impatti negativi ambientali? Stessa cosa per oleodotti, cave, captazioni idriche (magari per imbottigliamento), impianti eolici, ecc.

4) nei consigli direttivi vengono inseriti gli agricoltori. E perché allora non anche i cavatori , pescatori, i ristoratori, i gestori dei tagli forestali  e altre categorie economiche e sociali che operano nella zona. Un Parco nazionale non è (o meglio: non dovrebbe essere) una Camera di Commercio o una consulta comunale. Anche in questo caso è evidente l’obiettivo di ridurre il peso di chi ancora spera che l’obiettivo di fondo di un Parco sia la Conservazione della Natura.

5) per quanto riguarda le zone dove potere praticare l’attività venatoria viene lasciata (se non addirittura peggiorata!) l’indeterminatezza circa l’obbligo di costituzione di Aree Contigue (Art. 32 della 394) degne di tale nome. Quella che infatti la fa da padrone è la parola “eventuale” .

E ‘comprensibile che, visti i cambiamenti della politica degli ultimi anni, vi sia chi vede la 394 che tutela i  nostri Parchi nazionali come “limitativa ” nei confronti di interessi locali rappresentati  da amministratori , imprenditori e agricoltori, ma risulta stupefacente e, per alcuni di noi abbastanza sconvolgente, che il valoroso  WWF Italia, da sempre baluardo contro lo stravolgimento dei principi base delle nostre leggi di tutela ambientale, in questo caso si adegui e forse  appoggi le modifiche peggiorative proposte.

Chiediamo a tutti gli amici veri naturalisti che ancora sono nel WWF di alzare la testa e dare battaglia cercando di fermare questo scempio come è sempre stato fatto nel passato. Questa sarebbe davvero un degno  riconoscimento dei  50 festeggiati per la fondazione dell’Associazione.

  • Francesco Mezzatesta (già Segretario generale Lipu  e già responsabile dei Verdi per i parchi)
  • Giorgio Boscagli (già Biologo/Ispettore di Sorveglianza del Parco Nazionale d’Abruzzo, Direttore del Parco Regionale Sirente-velino e del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi)
  • Vittorio Emiliani (Presidente del Comitato per la Bellezza)
  • Luigi Piccioni (Docente di Storia Economica Università della Calabria)
  • Franco Pedrotti (Professore emerito dell’Universita’ di Camerino, già Presidente della Società Botanica Italiana, Componente Consiglio scientifico Appennino Ecosistema)
  • Corradino Guacci (Presidente della Società Italiana per la Storia della Fauna “Giuseppe Altobello”)
  • Fabio Vallarola, (Direttore Area Marina Protetta Torre del Cerrano)
  • Bruno Petriccione (Presidente di Appennino Ecosistema e componente del Comitato scientifico di WWF Oasi)
  • Mimi D’Aurora (Direttivo CGIL Abruzzo)
  • Jean-Paul Theurillat (Ecologo Università di Ginevra, socio WWF – Svizzera, Componente Consiglio scientifico Appennino Ecosistema)
  • Giuseppe Rossi (già Presidente del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise; già Direttore di Federparchi)
  • Giampiero di Plinio (Professore Ordinario di Diritto Pubblico, Direttore del Dottorato in Scienze Giuridiche, Univ. G. D’Annunzio)
  • Nicola Cimini (già Responsabile Pianificazione & Urbanistica del Parco Nazionale d’Abruzzo, già Direttore del Parco Nazionale della Majella, già Presidente Delegazione WWF- Abruzzo)
  • Grazia Francescato (Responsabile Rapporti Internazionali di Greenacord, già Presidente WWF-Italia, già Presidente dei Verdi e Portavoce dei Verdi europei)
  • Caterina Artese (Direttrice Orto Botanico Riserva Naturale Regionale Lago di Penne, Componente Consiglio scientifico Appennino Ecosistema)
  • Gianfranco Pirone (già Ordinario di Botanica Sistematica Università di L’Aquila, Componente Consiglio scientifico Appennino Ecosistema)
  • Kinga Krause (Ecologa UNESCO, Polish Academy of Sciences, Componente Consiglio scientifico Appennino Ecosistema)
  • Marco Pezzotta (Geologo, Componente Consiglio scientifico Appennino Ecosistema)
  • Alfredo Mazzoni (Professore di Scienze)
  • Gherardo Ortalli (Docente emerito Università di Venezia)
  • Massimo Pellegrini (Naturalista, già Presidente Delegazione WWF-Abruzzo, ex-socio WWF)
  • Camilla Crisante (già Consigliere Nazionale WWF-Italia e già Responsabile Ufficio Parchi Provincia di Pescara)
  • Sandro Lovari (Docente U.R. Ecologia comportamentale, Etologia e Gestione della fauna, Dipartimento di Scienze della Vita, Università di Siena)