La vipera dell’Orsini (Vipera ursinii)

Parco Sirente-Velino: habitat tutelati dall’Unione Europea minacciati da un mega progetto di nuovi impianti sciistici

Appennino Ecosistema invia pesanti osservazioni sulla Valutazione di Incidenza Ambientale

L’Aquila, 22/01/2019. Dettagliate “osservazioni” sono state presentate stamattina da Appennino Ecosistema alla Regione Abruzzo, in merito al mega progetto di nuovi impianti sciistici, sottoposto alla procedura di Valutazione di Incidenza e di Impatto Ambientale.
Si tratta di quattro nuovi impianti e di otto nuove piste che si vorrebbe realizzare nella zona della Magnola, ampliando così verso Nord-Ovest il comprensorio sciistico omonimo, in piena Zona A di Riserva Integrale del Parco Regionale Sirente-Velino (secondo il mai approvato Piano del Parco), a pochi chilometri dai confini della Riserva Naturale Statale “Monte Velino” e nella Rete Natura 2000 dell’Unione Europea (ZPS/SIC).
La realizzazione del progetto da 13 milioni di euro distruggerebbe o comprometterebbe gravemente lo stato di conservazione di una superficie pari a circa 20 ettari, ove sono presenti numerose specie ed almeno cinque habitat di alta quota protetti dalla Direttiva Habitat dell’Unione Europea. Tra le specie, la rarissima vipera dell’Orsini, la coturnice, l’aquila reale e il grifone. Tra gli habitat, uno è considerato prioritario dalla stessa Direttiva UE (n. 6230* – Formazioni erbose di nardo): sebbene tale habitat sarebbe completamente distrutto per una superficie di “soli” 2,4 ettari, si trova in stato di conservazione inadeguato e in peggioramento in tutta la Penisola e sulle Alpi in stato cattivo (secondo il Rapporto ISPRA n. 194/2014). Ogni sua perdita è pertanto da considerarsi inaccettabile; infatti, nel caso di incidenza significativa su habitat o specie indicati come “prioritari” negli Allegati I e II alla Direttiva UE Habitat, la procedura autorizzativa prevista dall’art. 6, c. 4 della Dir. 92/43/CEE (e dal relativo art. 5, c. 10 del D.P.R. n. 357/1997, come modificato dal D.P.R. n. 120/2003) è particolarmente aggravata, poiché per autorizzare la realizzazione del progetto possono essere addotte soltanto “considerazioni connesse alla salute dell’uomo ed alla sicurezza pubblica” o anche, ma in questo caso previo parere obbligatorio e vincolante della Commissione Europea, “altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico”, situazioni chiaramente al di fuori delle motivazioni del progetto in questione. L’assunto (contenuto nello Studio di Incidenza Ambientale) secondo il quale le opere previste comporterebbero la perdita di meno dell’1% della superficie degli habitat protetti dalla Direttiva Habitat, in rapporto all’intera ZPS/SIC, è criticato da Appennino Ecosistema, in quanto non considera le superfici degli stessi habitat già perse a causa di altri precedenti interventi, come quelli attuati in passato nella zona sciistica esistente della Magnola.
Gli interventi di ripristino degli habitat proposti – osserva Appennino Ecosistema – sono basati sull’elevata resilienza delle comunità vegetali, che sono invece caratterizzate da un basso livello della stessa, trattandosi di habitat di alta quota; essi sono quindi destinati a fallire. Inoltre, gli stessi interventi, basati sulla concimazione e l’idrosemina, produrranno solo comunità vegetali disorganizzate caratterizzate da specie opportuniste, ben lontane da quelle originarie, configurando così un totale fallimento degli stessi.

La Magnola

Appennino Ecosistema chiede infine che siano fornite, a corredo dello Studio di incidenza ambientale, le carte della vegetazione e degli habitat, in modo da poter valutare la reale incidenza delle opere punto per punto e la possibilità di un loro spostamento per eliminarne o ridurne l’incidenza sugli habitat. La valutazione di possibili alternative al progetto è obbligatoria, infatti, in base alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea (sentenza Corte giust. UE, seconda sez., C 451/17 del 07/11/2018).
Appennino Ecosistema, nel caso di approvazione del progetto senza modifiche significative, ipotizza la violazione di numerose normative poste direttamente a tutela delle aree protette a livello europeo e regionale/nazionale, tra le quali gli articoli del codice penale 733-bis (distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto) e 452-quinquies (delitti colposi contro l’ambiente, che punisce fatti colposi dai quali possa derivare anche solo il pericolo di una compromissione o di un deterioramento di un ecosistema, della biodiversità, della flora o della fauna) e gli articoli 6 e 11 della Legge n. 394/1991 (Legge quadro sulle aree protette, divieto di qualsiasi condotta che possa incidere “sulla morfologia del territorio, sugli equilibri ecologici, idraulici ed idrogeotermici”, divieto di tutte “le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati, con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat”). A questo proposito, Appennino Ecosistema ricorda che le norme previste dalla Legge quadro sulle aree protette come “norme di salvaguardia” devono essere applicate anche nel caso del Parco Regionale Sirente-Velino, in quanto né il Piano né il Regolamento del Parco sono ancora vigenti.

La zona dell’intervento.