Scopo fondamentale
Assicurare la protezione degli ecosistemi e delle specie montane, con priorità assoluta rispetto alle attività umane nelle aree protette (a livello europeo, nazionale e regionale), utilizzando le migliori conoscenze scientifiche nel campo della ricerca ecologica.
Scopi primari
Ribaltare l’attuale modello di gestione del territorio basato sul concetto di “riserve” protette in un territorio ampio e mal gestito, per affermare un nuovo modello di gestione razionale e integrata di tutto il territorio. Estendere quindi il modello di gestione delle aree protette (a livello europeo, nazionale e regionale), a tutto il territorio nazionale, applicando le migliori conoscenze scientifiche nel campo della ricerca ecologica, le conoscenze di base sulla biodiversità, le misure previste dalla “Strategia Nazionale sulla Biodiversità” (adottata ufficialmente dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, il 7 ottobre 2010, nonché quelle contenute nella “Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici” (adottata ufficialmente dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, il 30 ottobre 2014. Occorre procedere al riassetto completo del territorio, con priorità al ripristino di condizioni ambientali di equilibrio, riorganizzando la destinazione d’uso del territorio, utilizzando la rete delle aree protette attuali come sistema intorno al quale far crescere l’estensione del territorio gestito con criteri razionali.
Lanciare un grande piano di ripristino ambientale e risanamento di tutto il territorio, per aumentarne resistenza e resilienza (anche in termini di politiche di adattamento all’impatto dei cambiamenti climatici). L’adattamento al cambiamento climatico dei nostri ecosistemi può essere ottenuto soltanto migliorando e mantenendo lo stato di salute e di vitalità dei sistemi naturali. Solo sistemi naturali in condizioni di salute e vitalità possono aiutare i processi di adattamento ai mutamenti climatici e costituire la base fondamentale per il “ben-essere” dei sistemi umani. Dove i sistemi naturali sono degradati e vulnerabili, si abbassano significativamente le capacità di reazione anche da parte dei nostri sistemi sociali. Ciò significa soprattutto, prima di impostare qualsiasi approccio tecnologico-infrastrutturale come reazione all’adattamento, favorire la tutela e corretta gestione del nostro patrimonio naturale, con operazioni di miglioramento e ripristino della funzionalità ecologica degli habitat, nonché realizzare un sistema di reti ecologiche che possano favorire le capacità di resistenza e resilienza dei sistemi naturali. È necessaria una sola “grande opera pubblica”: il risanamento di tutto il territorio. Un’opera simile lo renderebbe meno vulnerabile ai mutamenti climatici e rafforzerebbe le nostre capacità di resistenza ad essi.
Promuovere l’applicazione di un nuovo modello di gestione del territorio partendo dall’area Appenninica, corridoio ecologico principale della Penisola, una delle “eco-regioni” con le più alte concentrazioni di valori ecologici, di biodiversità, di ecosistemi ancora in parte integri ma, allo stesso tempo, fortemente minacciati da devastanti progetti infrastrutturali; un modello basato anche sulla “convivenza pacifica” con tutti i fenomeni geodinamici, in quanto testimoni della naturale evoluzione della crosta terrestre (terremoti, frane, vulcani, alluvioni etc.).