Monthly archives: Settembre, 2016

Caccia: salvate le aree protette, ora tocca al resto del territorio?

cinghiale

Caccia: salvate le aree protette, ora tocca al resto del territorio?

Dopo aver vinto la battaglia sulle aree protette, Appennino Ecosistema diffida la Regione Abruzzo ad attenersi alle decisioni del TAR sulla caccia

L’Aquila, 29/09/2016. Dopo la diffida inviata nei giorni scorsi dall’Associazione ecologista Appennino Ecosistema a 43 Sindaci della Valle del Sangro-Aventino e per conoscenza al Prefetto di Chieti ed al Corpo Forestale dello Stato, il Prefetto ha comunicato ieri di ritenere  illegittime le ordinanze proposte dai Sindaci che, per arginare il fenomeno della sovrappopolazione di cinghiali nella zona del versante orientale della Majella, avrebbero consentito l’uccisione dei cinghiali anche nelle aree protette, devastandone i preziosi e delicati ecosistemi.
E’ stata così riconosciuta la validità della tesi dell’Associazione, che aveva avvertito che ogni attività di disturbo della fauna selvatica e degli habitat naturali è assolutamente vietata in queste aree dalla Direttiva habitat dell’Unione Europea (e relative normative nazionali di recepimento ed applicazione), dalla Legge quadro sulle aree protette n. 394/1991 e dall’art. 733-bis del codice penale. L’emanazione delle ordinanze avrebbe esposto i Sindaci a sicuri procedimenti penali per i reati di cui agli artt. 323 e 414 del codice penale.

Dopo la relativa decisione del TAR Abruzzo, assunta ieri ed appena comunicata, Appennino Ecosistema ha inviato oggi un’altra diffida, questa volta all’Assessore all’Agricoltura Dino Pepe, ad attenersi alla decisione del TAR di confermare la sospensione del calendario venatorio regionale, seppur limitatamente ad alcune specie, in quanto in contrasto con le relative normative europee e nazionali. Se, come annunciato dall’Assessore, la Giunta Regionale dovesse approvare domani lo stesso calendario venatorio con una nuova Deliberazione si esporrebbe di certo ad un procedimento penale per gli stessi reati nei quali sarebbero incorsi i Sindaci, cioè quelli previsti dagli artt. 323 (abuso d’ufficio) e 414 (istigazione a delinquere) del codice penale. L’unica via d’uscita giuridicamente legittima da questo impasse istituzionale sulla caccia, provocato dalla mancanza di attenzione della Giunta Regionale per l’integrità di ecosistemi e specie che ci invidia tutto il Mondo, sarebbe – secondo Appennino Ecosistema – quella di rivedere completamente il calendario venatorio regionale, ottenendo di nuovo il parere obbligatorio dell’ISPRA e, se si intendesse consentire la caccia anche nei SIC e nelle ZPS, di quello del Comitato Regionale VIA in merito alla sua incidenza ambientale.


Ecosistemi forestali e pascoli abruzzesi minacciati

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La Regione Abruzzo, anziché applicarla, vuole già cambiare la recentissima Legge che tutela gli ecosistemi forestali e i pascoli abruzzesi

Le Associazioni ecologiste denunciano il tentativo della Regione di varare una controriforma della Legge Regionale quadro per la tutela delle foreste e dei pascoli e chiede la rapida approvazione del Regolamento di applicazione

L’Aquila, 26/09/2016. L’Assessore all’Agricoltura Dino Pepe e il Presidente della Commissione Agricoltura del Consiglio Regionale Abruzzese, Lorenzo Berardinetti, hanno appena depositato una proposta di legge regionale che, se andasse in porto, vanificherebbe una parte importante delle norme contenute nella Legge Regionale n. 3/2014 che tutela le foreste e i pascoli abruzzesi. Secondo le Associazioni ecologiste Appennino Ecosistema, LIPU Abruzzo, ALTURA Abruzzo, Salviamo l’Orso, Pro Natura Abruzzo e WWF Abruzzo Montano, le modifiche e le integrazioni che vi sarebbero apportate consentirebbero alla Giunta Regionale di adottare provvedimenti “temporanei” di autorizzazione allo sfruttamento di boschi e pascoli, anche senza i necessari ed obbligatori Piani di gestione, come invece prevede la legge vigente. Persino tutto il patrimonio destinato agli usi civici potrebbe essere affidato velocemente a privati senza scrupoli, che lo sottrarrebbero alla sua destinazione per definizione di pubblica utilità. Le nuove norme proposte consentirebbero anche l’iscrizione all’Albo regionale delle imprese forestali di privati e Consorzi protagonisti di decine e decine di illeciti amministrativi, legati ad uno sfruttamento eccessivo e di rapina del patrimonio forestale regionale, purché questi non abbiano comportato condanne penali.
Sembrava sventato il tentativo della Regione di varare una controriforma della Legge quadro per la tutela delle foreste e dei pascoli (L.R. n. 3/2014), snaturandola e riaprendo la possibilità di uno sfruttamento selvaggio degli ecosistemi forestali e dei pascoli, come avevano denunciato lo scorso luglio le Associazioni ecologiste. E invece la Giunta Regionale continua a percorrere una strada tracciata da gruppi di pressione che non tollerano una gestione del patrimonio naturale regionale nell’interesse pubblico e non di pochi gruppi di potere ben organizzati.
La Legge che già si vorrebbe cambiare non è stata mai compiutamente applicata, mancandone ancora il Regolamento di attuazione, a due anni dalla scadenza del termine previsto per la sua presentazione al Consiglio da parte della Giunta Regionale. Senza il vigore del Regolamento, che secondo la legge avrebbe dovuto definire prescrizioni e limiti d’uso di tutti i boschi e i pascoli della regione, nonché le relative procedure autorizzative, non è ovviamente possibile verificare se la modernissima legge finalmente varata all’inizio del 2014, dopo anni di attesa, sia in grado di regolamentare in modo efficace la tutela e l’utilizzazione degli ecosistemi forestali e di prateria della regione.
Occorrerebbe invece giungere ad una rapida approvazione del Regolamento di attuazione della L.R. n. 3/2014, in modo da disciplinare in modo certo ed univoco tutte le attività di pastorizia e sfruttamento dei boschi, oggi senza regole certe e quindi foriere di provocare gravi danni agli ecosistemi, anche senza che gli operatori ne abbiano consapevolezza. Occorre poi sicuramente il coinvolgimento anche della Commissione Ambiente della Regione, in quanto foreste e praterie pascolate sono ecosistemi di enorme importanza ecologica, cioè beni comuni che producono servizi di fondamentale utilità per tutti, e non solo beni da sfruttare.
Per rappresentare queste preoccupazioni, le Associazioni ecologiste hanno chiesto di essere formalmente audite dalle Commissioni Agricoltura e Ambiente della Regione, dopo che ciò è già avvenuto per altri portatori di interesse come le associazioni degli agricoltori e degli allevatori e per i Consorzi di gestione forestale. Anche i Direttori dei tre Parchi Nazionali abruzzesi dovrebbero essere auditi, in quanto titolari di importanti progetti LIFE co-finanziati dall’Unione Europea volti proprio a cercare di conciliare la tutela di ecosistemi e specie montani con le attività umane di allevamento e taglio boschivo (es.: progetto PRATERIE del Parco Nazionale del Gran Sasso).

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No agli abbattimenti dei cinghiali nelle aree protette

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No agli abbattimenti dei cinghiali nelle aree protette: sarebbero illegittimi e devastanti per gli ecosistemi

Appennino Ecosistema diffida i 43 Sindaci della Valle del Sangro-Aventino a non emettere ordinanze che consentano di sparare ai cinghiali anche nelle aree protette.

L’Aquila, 21/09/2016.  Una formale diffida è stata inviata oggi dall’Associazione ecologista Appennino Ecosistema a 43 Sindaci della Valle del Sangro-Aventino e per conoscenza al Prefetto di Chieti ed al Corpo Forestale dello Stato. L’associazione contesta la ragionevolezza e la legittimità della ventilata ordinanza proposta ieri dai 43 Sindaci che, per arginare il fenomeno della sovrappopolazione di cinghiali nella zona del versante orientale della Majella, consentirebbe l’uccisione dei cinghiali anche nelle aree protette.
Si tratterebbe infatti di consentire vere e proprie attività venatorie, seppur limitate ad una sola specie, anche nel territorio del Parco Nazionale della Majella, del Sito di Interesse Comunitario IT7140203 (Maiella) e della Zona di Protezione Speciale IT7140129 (Parco Nazionale della Maiella).
Ogni attività di disturbo (o addirittura uccisione) della fauna selvatica e degli habitat naturali è infatti assolutamente vietata in queste aree dalla Direttiva habitat dell’Unione Europea (e relative normative nazionali di recepimento ed applicazione), dalla Legge quadro sulle aree protette n. 394/1991 e dall’art. 733-bis del codice penale. Qualsiasi deroga può essere ottenuta solo dopo la realizzazione di un apposito Studio di incidenza ambientale, una specifica autorizzazione del Ministero dell’Ambiente ed il controllo completo delle operazioni da parte dell’Ente Parco.
Il ventilato provvedimento sindacale sarebbe quindi assolutamente illegittimo e passibile di denuncia o ricorso amministrativo. Ma lo stesso sarebbe anche palesemente irragionevole ed inefficace, in quanto è dimostrato che la fertilità dei cinghiali è notevolmente più alta quando sono sottoposti a pressione venatoria elevata. Quando la caccia è intensa, infatti, la maturità sessuale viene raggiunta prima, mentre nei territori in cui sono presenti pochi cacciatori la fecondità è minore e la maturità sessuale viene raggiunta più tardi. La caccia e gli abbattimenti selettivi aumentano la dimensione di popolazione dei cinghiali anche in modo indiretto: infatti, questi animali hanno una struttura sociale molto sensibile. Una cinghialessa dominante va in estro solo una volta all’anno e guida il gruppo, così come le altre femmine del gruppo che ne sono influenzate. Se la femmina dominante viene uccisa, il gruppo si disperde, gli animali senza guida irrompono nei campi, tutte le femminine diventano feconde più volte nell’anno e si riproducono in modo incontrollato.
Nelle aree protette, poi, la caccia e gli abbattimenti selettivi produrrebbero un forte disturbo anche nei confronti dei predatori naturali dei cinghiali (come i lupi), con il risultato di ostacolare le naturali dinamiche predatori-prede, in grado di ottenere il contenimento delle popolazioni di cinghiali senza alcuno sforzo. L’eventuale uso di cani da caccia, inoltre, produrrebbe un disturbo ancora maggiore ed aumenterebbe i rischi legati al randagismo canino. Questo non sarebbe certo un intervento isolato, infatti per mantenere dimensioni “accettabili” delle popolazioni di cinghiali sarebbe necessario ripetere gli interventi continuamente, anche ad intervalli ravvicinati, con relativo ed inevitabile effetto moltiplicatore sul disturbo. Sarebbe come, in pratica, legalizzare la caccia anche nelle aree protette.
Occorre invece promuovere azioni per migliorare lo stato dei nostri ecosistemi: dove questi sono ben funzionanti, infatti, gli equilibri naturali si auto-mantengono in uno stato stazionario a tempo indefinito, se non perturbati dall’uomo. In queste aree, le popolazioni di animali selvatici possono subire fluttuazioni quantitative nel tempo, ma alla fine si equilibrano spontaneamente per l’effetto di dinamiche interne ed esterne (esaurimento delle risorse alimentari, azione di organismi patogeni, etc.). Ed occorre sviluppare politiche scientificamente basate: nella nostra Regione, invece, non sono mai state concretamente attuate le “Linee guida per la gestione del cinghiale nelle aree protette” redatte dall’ISPRA e non sono mai state istituite le aree contigue ai Parchi, previste dalla Legge quadro sulle aree protette n. 394/1991, ove sarebbe invece possibile gestire la caccia in modo razionale, creando delle zone-cuscinetto tra i Parchi e il resto del territorio.

Immagine da internet. Se sei l’autore di questa foto, contattaci e saremo felice di aggiungere l’attribuzione.


Parco Nazionale della Majella: parco naturale o parco dei divertimenti?

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Attività “turistiche” alla Cisterna di Bolognano (Zona A del Parco Nazionale della Majella).

Gli ecologisti chiedono all’Ente Parco e al Corpo forestale di intervenire per tutelare i fragili ecosistemi delle Gole dell’Orta

Denunciano i danni provocati ai fragili ecosistemi acquatici delle Gole dell’Orta, dove le acque del fiume, le pozze e le cascate sono correntemente utilizzate come vero e proprio parco dei divertimenti, in piena Zona A di Riserva integrale del Parco Nazionale della Majella.

L’Aquila, 09/09/2016. Stamattina le Associazioni Appennino Ecosistema, Studium Naturae, Stazione Ornitologica Abruzzese, Lega Italiana per la Protezione degli Uccelli (Abruzzo), ALTURA (Abruzzo) e Salviamo l’Orso hanno presentato un dettagliato esposto all’Ente del Parco Nazionale ed al Corpo Forestale dello Stato, per richiamarne l’attenzione sul frequente verificarsi di comportamenti illeciti nell’area delle Gole del Fiume Orta (in territorio dei Comuni di Bolognano e San Valentino in Abruzzo Citeriore – PE) dove, in particolare nel tratto fluviale compreso tra gli abitati di Musellaro e Bolognano, folti gruppi di escursionisti e di turisti circolano al di fuori dei sentieri ufficiali del Parco e praticano la balneazione nelle acque del Fiume, in particolare nel biotopo noto come “Cisterna di Bolognano”.

granchio di fiume

Granchio d’acqua dolce in atteggiamento di difesa/offesa.

Si tratta di ecosistemi acquatici estremamente delicati, che ospitano specie minacciate di estinzione come la lontra, diversi Anfibi come la salamandra e crostacei minacciati di estinzione come il gambero di fiume e il granchio d’acqua dolce: in questi habitat, la semplice presenza di turisti produce un forte disturbo alla fauna vertebrata ed invertebrata, mentre il calpestio del fondale del fiume apporta ingenti danni alla vegetazione ed alle ovature di pesci, anfibi e crostacei.
Le Associazioni chiedono che si impediscano queste vere e proprie “patologie del turismo” e che si proceda contro i responsabili per la violazione dei divieti previsti dal D.P.R. del 05/06/1995 che istituisce il Parco Nazionale della Majella, per quelli previsti nella zonazione del Piano del Parco (in base al quale l’accesso turistico alle Zone A è limitato ai soli sentieri segnalati) ed anche in forza della L.R. n. 50/1993 sulla tutela della fauna cosiddetta minore, che proibisce ogni attività che possa provocare l’eccessivo disturbo, la distruzione o il deterioramento degli ambienti di vita, di riproduzione o di frequentazione delle specie tutelate (anfibi, rettili, etc.).
Questo comportamento incivile e irrispettoso degli enormi valori ecologici custoditi nel Parco Nazionale della Majella è oltretutto ampiamente promosso da gruppi organizzati attraverso gli strumenti informatici del web, utilizzando in particolare Facebook, il che potrebbe configurare anche il grave reato di istigazione a delinquere (art. 414 del codice penale), in quanto lo strumento informatico, essendo accessibile a chiunque, è considerato tutti gli effetti un mezzo pubblico.
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